Come già appreso nell’articolo sulla storia del Kyudo, questa disciplina ha una lunga e complessa storia.
Kyudo significa “via o modo dell’arco” ed è considerato come l’arte marziale zen più pura e antica che ci sia. All’inizio nasce come modo per cacciare, per combattere, per giochi e gare, per tornei o cerimonie. Era solo il guerriero che impugnava l’arco e tramite esso mostrava tutta la sua abilità. Oggi invece il Kyudo moderno è uno sport che permette di raggiungere sviluppo fisico, morale e spirituale grazie a tutti i preziosi insegnamenti che possiede acquisiti in secoli e secoli di storia.
Attrezzatura
Nella parola Kyudo, 弓 Kyuu indica in generale l’attrezzo da lancio; tuttavia, poichè l’arco inizialmente era usato dai guerrieri per combattere, non si può parlare di Kyudo senza prendere in considerazione lo “yumi”, l’arco da guerra asimetrico particolarmente diverso da qualsiasi altro arco.
Il 道 Dou della parola Kyudo invece significa “via”, inteso come “percorso”, “sentiero”, “strada per migliorare sè stessi”.
E’ ancora incerto il dove, il come e il quando sia nato lo yumi però è certo che la sua nascita risalga ad un periodo molto antico. Una freccia lunga permetteva la pesca e se lanciata ad una certa velocità era in grado anche di colpire e quindi cacciare. Ecco allora da dove deriva l’importanza di arco e freccia. La versatilità di tale attrezzo era tale che permetteva di essere utilizzato non solo in piedi ma anche in ginocchio, seduti a terra o addirittura a cavallo.
Ovviamente col tempo si imparò ad apportarne diverse modifiche a seconda della necessità: da un arco lungo e di sezione rotonda divenne uno di forma quadrangolare e più o meno a trapezio all’impugnatura, vennero aggiunte lacche, colle, fibre o bambù. A seconda di quale materiale veniva e viene tutt’ora usato per la costruzione, lo yumi assume forme diverse a seconda se è caricato (munito di corda) o scarico (privo di corda).
A seconda se carico oppure no la distanza tra il nigiri (impugnatura) e il nakajitake (incoccatura) può variare di qualche centimetro. Le frecce utilizzate erano in passato rigorosamente in bambù mentre oggi il bambù lo usa solo un arciere di alto livello mentre gli altri arcieri usano l’alluminio.
Il set è composto da 2 o 3 paia di frecce: ogni coppia di frecce è composta da una freccia chiamata “haya” ed una “otoya”. Una delle cose più comuni che si possono trovare ad una cerimonia di tiro con l’arco sono proprio questa coppia Yin e Yang di frecce chiamata anche “hitote” o “ittote” proprio per il loro impennaggio che tende a farle spostare leggermente una a destra e una a sinistra.
La punta di una freccia oggi può essere di due tipi a seconda del tipo di bersaglio; in passato invece c’erano più esigenze e i tipi di frecce potevano essere molti di più, da quella a sezione triangolare o quadrata a quella a forcella o a foglia di salice o altre ancora. Un altro attrezzo molto importante per tenere la corda è un anello di avorio o di corno posto sul pollice che serve a trattenere la corda, posta tra il pollice e l’indice, prima del lancio.
Il guanto viene chiamato “yugake” o “kake” e può essere:
- morogake: è usato solo ed esclusivamente per il “kisha” (tiro a cavallo)
- yotsugake: usato dagli arcieri di altissimo livello che trattengono l’otoya, la seconda freccia, tra il mignolo e l’anulare, mentre scoccano l’haya, la prima freccia.
- mitsugake: è il guanto più comune.
La faretra (yazutsu) che solitamente è una specie di cilindro ed è capace di contenere da 10 a 20 frecce circa, è fatta di materiali diversi: dalla paglia alla plastica al bambù. Nello”tsurumaki” vengono solitamente avvolte invece le corde di ricambio ed è allacciato al “girikoire“, una fiaschetta dove è contenuta della polvere (“giriko”) che serve, cosparsa sul guanto, a facilitare la tenuta della corda e della freccia. Esiste inoltre tra gli attrezzi da Kyudo anche il “muneate”, una protezione fatta di cuoio o di plastica, indossata dalle donne, per proteggere il seno.
Abbigliamento
Tutti coloro che iniziano a praticare Kyudo vestono l’abito per i principianti, il “kyudoji“, composto da una parte superiore bianca chiamata “keikogi” tenuta chiusa da una fascia-cintura chiamata “obi” sulla quale si allaccia l’“hakama” nera, la tipica gonna-pantalone. Ai piedi la tipica calzatura da kyudo, i “tabi”.
I praticanti di kyudo dal livello superiore ai principianti invece indossano il “wafuku”. Molto simile ad un kimono, il wafuku ha le maniche ampie, proprio per quel motivo le donne usano una fettuccina chiamata “tasuki” per legarle mentre gli uomini sfilano la spalla sinistra per impugnare meglio l’arco e scoccare la freccia senza difficoltà.
Per chi volesse saperne di più su questa bellissima arte e approfondire l’argomento consiglio inoltre i seguenti libri:
- Lo Zen, l’Arco e la Freccia – Vita e insegnamenti di Awa Kenzo di John Stevens
- L’arte del Tiro con l’Arco – Il segreto del bersaglio di Jackson S. Morisawa
- I segreti del Kyudo di Dan e Jackie Deprospero
- Kyudo – L’essenza e la pratica dell’arcieria giapponese di Hideharu Onuma
- Kyudo. Il segreto della Freccia di Franco Zanon
Altri articoli simili:
- Arti Marziali: Kendo – Storia e Origini della Via della Spada
- Arti Marziali: Kendo – Attrezzatura, Abbigliamento e Pratica
- Arti Marziali: Che cos’è il Kyudo?
- Arti Marziali: Kyudo – La Ricerca della Verità
- Arti Marziali: Kyudo – Storia e Origini
- Arti Marziali: Kyudo – Pratica e Tecnica
- Arti Marziali: Kyudo – L’Essenza delle Cose
- Arti Marziali: Kyudo – L’Importanza della Bontà
- Arti Marziali: Karate – Origini dell’Arte della Mano Vuota (parte 1)
- Arti Marziali: Karate – Scuole e Stili dell’Arte della Mano Vuota (parte 2)
- Arti Marziali: Karate – Scuole e Stili dell’Arte della Mano Vuota (parte 3)
- Arti Marziali: Karate – Scuole e Stili dell’Arte della Mano Vuota (parte 4)
- Arti Marziali: Judo – Storia e Origini del Judo
- Arti Marziali: Judo – Il Kōdōkan
- Arti Marziali: Tessenjutsu, l’Arte del Ventaglio
*** Se trovi gli articoli, le traduzioni e le recensioni di questo sito utili, per favore sostienilo con una donazione. Grazie! ***
Se volete potete distribuire liberamente questo testo, in maniera non commerciale e gratuitamente, conservandone l’integrità, comprese queste note, i nomi degli autori ed il link http://sakuramagazine.com