A quanto si racconta fu una magica alchimia a dare origine al tofu, che sarebbe stato creato da Li An, un monaco vissuto in Cina almeno 2000 anni fa ed esperto di arti alchimistiche (ma se fosse stata una monaca?). Comunque sia, l’uso di questo prodotto in Cina è antichissimo. La coltivazione della soia, infatti, è documentata nel meridione del paese a partire dal 3000 a.C.
La soia era chiamata ta-tou, ossia “fagiolo grande” e, insieme a miglio, frumento, orzo e riso faceva parte dei cinque cereali sacri. Questa leguminosa si sarebbe poi diffusa nella Cina del nord a partire dal II secolo a.C. – sembra, comunque, che qui fossero già in uso salse simili a quelle di soia, ricavate però da altri semi.
Successivamente anche i paesi confinanti scoprirono il tofu, giunto probabilmente in Giappone insieme ai monaci buddisti: furono proprio questi religiosi, seguaci di una dieta vegetariana, a sfruttare le proteine vegetali del tofu e a imparare a cucinare questo prodotto in tantissimi modi.
Già nel periodo Edo (1615-1868) erano documentati un centinaio di modi per cucinare il tofu; oggi si parla di qualcosa come cinquecento piatti realizzati con questo prodotto (comprendendo nel novero anche le specialità cinesi).
La strada seguita dal tofu nella sua diffusione attraversa anche la Corea e raggiunge gli stati dell’Asia sudorientale, Tailandia e Indonesia in particolare, dove il tofu si arricchisce di spezie tropicali e si ammorbidisce in cremose preparazioni con il latte di cocco, ma anche – più limitatamente – Malesia, Filippine, Laos e Cambogia. L’India dei variopinti piatti speziati, densi di legumi, resta indenne da questa influenza. Ma il tofu prosegue la sua strada e sbarca dritto dritto in Occidente.
Il Tofu in Europa
Contrariamente a quanto si possa pensare il tofu non è arrivato da noi in tempo recenti. Per cominciare, la soia fu “scoperta” dai navigatori olandesi e portoghesi già nel XV secolo, e in alcuni resoconti seicenteschi di viaggio viene già citato il tofu. Ma questo non bastò a promuovere l’uso di tali prodotti, e non servì nemmeno l’esposizione settecentesca nei giardini botanici parigini e londinesi di quelle “esotiche amenità”.
Verso la fine del XIX secolo aumentarono le importazioni dall’Asia, e la coltivazione della soia cominciò ad avere una certa diffusione non solo in Europa ma anche in Africa e, soprattutto, in America: il merito è da attribuire alla versatilità di impiego della pianta (non ultimo come foraggio per gli animali).
Gli inizi del XX secolo sembrano piuttosto promettenti per la soia e il latte derivato: per lo meno in Italia, perché un pranzo sperimentale del 1911, a Parigi, non riscosse grandi entusiasmi. Testimone della realtà italiana è il dottor Luigi Cogese, agronomo, con il tuo interessante volumetto La Soja, Coltivazione e Utilizzazione. Si tratta di un testo di indubbio valore storico, ricco di notizie e informazioni sulla coltivazione della leguminosa e sui suoi molteplici impieghi.
Scrive il Cogese che nel primo ventennio del Novecento la soia fu oggetto non solo di coltivazioni ma anche di varie ricerche e studi. Per esempio nel 1921, alla Stazione Agraria di Bari, il direttore studiò 45 varietà di soia, a seme giallo, verde, olivastro, bruno e nero.
Curiosità
Il termine che utilizziamo per indicare il tofu è in realtà giapponese e significa “carne senza ossa”. A volte, questo prodotto viene chiamato anche “formaggio di soia”, benché del formaggio abbia solo l’aspetto e non certo il sapore. E negli altri paesi asiatici, come viene chiamato?
In Cina Dou Fu (dou: fagiolo, fu: elaborare), in Indonesia e Malesia Tahu.
Quanto al termine soia, questo deriverebbe dal termine giapponese shoyu, che indica in realtà una salsa preparata con questa leguminosa. Sarebbero stati gli olandesi a compiere questa identificazione e a trasmettere poi il termine al resto dell’Europa.
Tratto dal libro Il tofu e la cucina vegetariana di Giuliana Lomazzi
Per chi volesse saperne di più sul Tofu e il suo uso in cucina vi consiglio:
- Il libro del tofu. 90 squisite ricette per mangiare con gusto e vivere sani e snelli di Ivana Iovino
Per chi volesse esplorare la cucina giapponese, scoprirne i segreti e imparare nuove ricette, consiglio:
- Il Giappone in cucina. Ricette facili da realizzare in Italia di Kyoko Asada
- La cucina giapponese. Piatti raffinati tra tradizione e innovazione
- Sempre giovani e magre. I segreti in cucina delle donne giapponesi di Naomi Moriyama
Per chi invece vuole restare fedele ai sapori tipici del Sushi e Sashimi e imparare qualche buona regola di galateo giapponese:
- Sushi sashimi. L’arte della cucina Giapponese di Kuroda Keisuke e Rosalba Gioffrè
- Sushi. Gusto e benessere di Hirotsugu Aisu, Sara Roversi, e Domenico Tiso
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