Tra le tante autrici di shojo manga che si sono affermate negli anni Settanta, una delle più interessanti, per aver creato un’opera di divulgazione della cultura e della Storia al femminile in chiave popolare, è Waki Yamato, nota anche nel nostro Paese per la pubblicazione di un paio di sue opere e apprezzata dai fan dei cosiddetti shojo di prima generazione.
Classe 1948, Waki Yamato esordisce nel mondo dei manga alla fine degli anni Sessanta, ottenendo il suo primo, grandissimo successo tra il 1975 e il 1977, con Haikara-san ga Toru. Ambientato nel Giappone dell’inizio del Novecento, periodo in cui si registrava una potente modernizzazione che si contrapponeva inevitabilmente con il tradizionalismo e l’immobilismo sociale, il fumetto racconta la storia di Benio, ragazza anticonformista, desiderosa di studiare, lavorare e di non finire relegata nei tradizionali ruoli domestici, che ha come migliori amici un’altra protofemminista e un attore specializzato in ruoli femminili nel teatro Kabuki. L’incontro con il tenente Shinobu cambia profondamente Benio, che sembra accettare l’idea di sposarlo: ma il giovane viene dato per disperso nella guerra in Manciuria e la protagonista decide di costruirsi una vita indipendente come reporter. Ma la vita le riserverà ancora delle sorprese.
Ci sono elementi da feuilleton classico, tematiche come il femminismo in Giappone e il travestitismo sessuale, molta ironia per sdrammatizzare una storia non sempre allegra ma interessante, e una grande attenzione ad un passato recente ma già remoto per cui non si sente il bisogno di volare lontano, ma di restare nel proprio Paese, dando voce alle tante donne che ne fecero la Storia, perché Waki Yamato non fa mistero di ispirarsi, magari cambiando nomi e simili, a persone realmente esistite.
Haikara-san ga Toru, letteralmente Passa la ragazza alla moda, è stato trasposto anche in animazione e visto anche in Italia negli anni Ottanta con il titolo di Mademoiselle Anne e in Francia come Marc et Marie; è popolarissimo anche nei Paesi arabi e in Giappone è stato adattato anche dal Takarazuka e in un paio di sceneggiati radiofonici.
In Italia è uscito come fumetto cartaceo con due differenti edizioni pubblicato dalla Star Comics, ed è un’opera che non può mancare nella biblioteca dei cultori e cultrici degli shojo manga, proprio per i tanti elementi di interesse che contiene, oltre che per la piacevolezza della storia, dove riso e dramma si alternano senza mai traboccare e senza mai stonare.
Anche nelle opere successive Waki Yamato continua a parlare del passato del suo Paese visto in un’ottica al femminile: Reidii Mitsuko, del 1976, racconta la storia vera di Mitsuko Aoyama, una delle prime donne giapponesi a sposare un uomo occidentale, mentre Yokohama Monogatari racconta sempre storie d’amore interraziali tra Occidente e Oriente.
Stesso tema in N.Y. Komachi, l’altro manga della Yamato uscito in italiano per la Gp Publishing, incentrato sul personaggio di Shino, ragazza cresciuta dal padre come un maschio in mancanza di eredi, che poi viene costretta a prendere di nuovo un ruolo tradizionale da donna dopo la nascita di un fratellastro. Shino, libera e indipendente, rifiuterà le imposizioni, legandosi all’americano Daniel Artwright, per il quale fuggirà oltreoceano.
Ma l’opera della vita di Waki Yamato, alla quale ha lavorato per quasi quindici anni, è Asaki Yume Mishi, ispirato a Genji Monogatari di Murasaki Shikibu, uno dei primi romanzi della Storia della letteratura mondiale, scritto da una donna, in un periodo di grande fioritura delle lettere e delle arti, soprattutto in una prospettiva femminile. Alcuni dicono che la cultura degli shojo manga ha avuto un suo anticipo proprio a cavallo dell’anno Mille, l’epoca Heian in Giappone: forse è eccessivo pensarlo, sta di fatto che questo romanzo, tra amore, dovere, intrighi e psicologia, resta un’opera interessantissima, che Waki Yamato restituisce con grande cura, e che è alla base anche dell’ultimo anime a cui ha lavorato Osamu Dezaki nel 2009.
Negli anni recenti Waki Yamato ha rallentato la produzione di manga, ma resta imperdibile e impagabile per come mescola la grande Storia alle vicende minute, per le sue eroine molto umane, divertenti e romantiche, per il suo stile di disegno, a tratti umoristico, a tratti minuziosissimo, ispirato all’arte tradizionale giapponese e alle arti figurative occidentali tra Ottocento e Novecento. Un’autrice che si spera torni nelle nostre librerie e fumetterie: il Genji Monogatari è da tempo nelle proposte letterarie della casa editrice Einaudi; non sarebbe male vedere anche la sua fedele e curata trasposizione in manga.
Dossier scritto da Elena Romanello per SakuraMagazine
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