Una delle novità di questi mesi in Italia sono i Neko café, i bar con gatti che tengono compagnia ai clienti, importati dal Giappone, dove il felino domestico ha un’importanza a dir poco fondamentale nella vita privata e sociale: non è maltrattato come in altri Paesi asiatici (e spesso si creano invece pericolosi fraintendimenti) ed è un simbolo di fortuna e prosperità, come dimostrano le statue dei maneki neko, i gatti porta fortuna, in templi e case, diventati poi anche gadget da esportazione ormai numero fisso di tante fiere e negozi tipici.
In manga e anime i gatti sono presenti come comprimari e compagni di avventure (caso a parte quello di Candy Candy che non era un gatto come diceva la canzone ma un procione!): basti pensare a storie di ieri e oggi come Bia la sfida della magia, Lulù l’angelo dei fiori, Occhi di gatto, Kimagure Orange Road, Kiss Me Licia, Anna dai capelli rossi, Capitan Harlock, Lamù eccetera.
Ci sono però dei gatti che sono diventati emblematici, in storie in cui sono loro i veri mattatori della vicenda o hanno comunque un ruolo di primo piano, senza contare poi le storie in cui ci sono curiosi ibridi tra gatti ed esseri umani, a cominciare dalla gattina in cui si trasforma Shampoo in Ranma ½ o ancora le maghette protagoniste della serie Tokyo Mew Mew di Mia Ikumi e Reiko Yoshida.
Uno dei gatti più famosi dell’animazione giapponese è Doraemon, protagonista di una serie lunghissima tra manga ed anime, creato da Fujiko F. Fujio, dove il gatto è un robot con sembianze feline che è giunto dal futuro per aiutare un ragazzino svogliato. Un personaggio ancora oggi popolarissimo, che è tornato al cinema in un film in animazione 3D nei mesi scorsi.
Meno noto ma irresistibile è Michael, ideato da Makoto Kobayashi, protagonista sia di un manga che di una serie animata, che alterna storie in cui fa il gatto che crea situazioni paradossali come gli occidentali Isidoro e Garfield ad altre in cui viene antropoformizzato. Un personaggio da riscoprire, soprattutto se si amano i gatti bianchi e rossi.
Famosa come simbolo di kawaii (carino) è Kitty, gattina bianca di Hello Kitty, insieme ad altri animali tra il cucciolo e il modaiolo, ideata dalla Sanrio e fenomeno conosciuto innanzitutto per gadget e simili prima che per il manga e l’anime.
Tornando alle storie animate o a fumetti, come dimenticare personaggi felini come Luna, gattina nera, e Artemis, gatto bianco, aiuto indispensabile per le guerriere Sailor in Sailormoon? I due gatti parlanti, fanno da veri e propri mentori alle protagoniste, a cominciare da Usagi e Makoto, e le accompagnano nelle loro avventure, prendendo anche sembianze umane, come succedeva a Luna nel film e manga La principessa della luna.
Un gatto, diventato il simbolo di una delle più longeve case produttrici di manga ed anime, la Toei, è il gatto Pero, protagonista del film del 1969 Il gatto con gli stivali, deliziosa rilettura della fiaba di Perrault (raccontata anche dal nostro Basile), con contaminazioni de Il lago dei cigni e La bella e la bestia. Pero è tornato poi in altri due film dai toni un po’ diversi, Continuavano a chiamarlo il gatto con gli stivali (1972) e Il gatto con gli stivali in giro per il mondo (1976), mescolando western ed avventure. Rimanendo inalterato come simpatia, è diventato l’icona di tutto un modo di fare i cartoni animati.
Tra gli animatori de Il gatto con gli stivali c’è anche Hayao Miyazaki, maestro dell’animazione nipponica, che ha inserito il delizioso gatto nero parlante Jiji come compagno della strega Kiki in Kiki consegne a domicilio, fiaba del 1989, e soprattutto ha creato dei gatti magici, tra Alice e le storie giapponesi, in Il mio vicino Totoro del 1988: su che animale sia in realtà Totoro ci sono dibattiti, è un misto tra vari animali tra cui anche il gatto. Nel film però non manca un Nekobus, un gatto capace di trasformarsi in mezzo di trasporto, in una campagna davvero sospesa tra realtà e immaginazione, conforto per due bambine preoccupate per la mamma in ospedale.
Il film per eccellenza giapponese sui gatti è e resta, per ora, Neko no ongaeshi (The cat returns, 2002), noto come La ricompensa del gatto, realizzato dallo studio Ghibli e seguito del più realistico I sospiri del mio cuore (1995), a cui aveva collaborato lo stesso Miyazaki che qui si ritaglia solo il ruolo di produttore. Purtroppo in Italia è ancora inedito, e racconta un viaggio in un mondo parallelo dei gatti di una ragazza che ha salvato uno di loro.
Insomma, chi ama i gatti può trovare storie davvero simpatiche e interessanti su di loro tra manga ed anime, e non è un caso che molti felinofili siano anche cultori di fumetto e animazione giapponese e viceversa.
Dossier scritto da Elena Romanello per SakuraMagazine
Se volete leggere i libri scritti dalla nostra amica Elena Romanello della collana “I Love Anime” allora vi consiglio:
- Capitan Harlock. Avventure ai confini dell’Universo
- Candy Candy. «Eravamo tutte innamorate di Terence…»
- Sailor Moon. La bella ragazza guerriera
- Il mito di Lady Oscar (Hinomaru)
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