E’ importante sottolineare alcuni punti essenziali. Il primo è questo: il sacrario shintou, nelle sue versioni più genuine ed antiche, è – come i templi indiani – dimora permanente o temporanea dei kami, non riparo o luogo di radunanza per i fedeli; quindi si tratta quasi sempre di un edificio piccolo, generalmente chiuso, che in alcune versioni (Kasuga) si riduce ad una cappellina poco più grande di un armadio coperto da un tetto.
Questa parte sacerrima costituisce lo honden (“la vera cappella, la cappella basilare”); in molti casi si è rimediato al rigore delle origini con un edificio antistante allo honden, detto haiden (“cappella per le preghiere”). Nello stile gongen, honden e haiden compongono un tutto strutturalmente unito.
I piccoli e modesti jinja di campagna (che sono poi la maggioranza) constano solo di un edificio in legno, con l’immancabile torii d’ingresso, ma i sacrari importanti sono costituiti da numerosi padiglioni di una varia grandezza, disposti in ordine all’interno di un territorio sacro delimitato da staccionate in legno, e, specie nelle città, da mura ad altezza d’uomo. Un jinja di tutto rispetto può contare anche una ventina di edifici diversi.
Ad Ise, nell’VIII secolo, se ne contavano una cinquantina. Oltre all’honden (che non può mai mancare), troviamo spesso un haiden, al quale sovente s’accompagna anche un noritoden (una “cappella per preghiere”), uno heiden (“sala per le offerte”), e un kaguranden (padiglione aperto per le danze e le rappresentazioni sacre).
Vicino all’honden sta di norma lo shamusho (l’ufficio del sacrario) con sportelli, spesso serviti da giovani miko, assistenti temporanee del sacrario, abbigliate nei loro caratteristici kimono bianchi con hakama rosso; vi si vendono santini, immagini varie amuleti portafortuna, oroscopi e stampati sulla storia del luogo e sui tesori d’arte che vi si conservano.
In alcuni sacrari esiste anche una stalla (umayado) dove si tiene il sacro cavallo, per lo più bianco che compare in processione nelle più importanti cerimonie dell’anno. L’accesso al sacrario, che può essere un lungo viale, con o senza scalinate è segnato dalla presenza di portali rituali torii, e dalle fonti (temizuya) per le purificazioni rituali.
Caratteristico di molti sacrari è anche il loggiato in legno, coperto ma aperto (emado), sulle cui pareti interne stanno appesi dei quadri dipinti con varie tecniche: sono gli ema che si possono definire degli autentici ex-voto, doni che testimoniano preghiere di fedeli, o ricordi di coloro che si sono ritenuti in un modo o nell’altro miracolati.
Tratto dal libro Storia delle Religioni – Cina- Estremo Oriente
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