Una serie di festività giapponesi, chiamata gosekku (“Le Cinque Ricorrenze”), ha ancora grande popolarità: questi eventi cadono al primo giorno del primo mese, al terzo del terzo, al quinto del quinto, al settimo del settimo ed al nono del nono.
La serie ha inizio con il primo dell’anno. Con la seconda e la terza festività si penetra nell’intimo delle famiglie; il tre di marzo si festeggiano infatti le bambine, e si sfoggiano in casa, su appositi sostegni a gradini, delle serie di bambole che rappresentano la corte, col tennou, la sua sposa, i principi, i cortigiani, i musici; il cinque maggio è la volta invece dei ragazzi, e si esibiscono nei salotti (kyakuma) modelli di armature e spade da samurai, di archi e frecce, scudi e simili; intanto fuori dalla casa s’innalzano su lunghi pali di bambù delle carpe colorate di stoffa, che, se c’è vento, paiono di navigare energicamente contro corrente (simbolismo della forte volontà, della persistenza).
Il sette di luglio ci riporta tra la folla; è il tanabata (la festa delle due stelle), in cui si ricorda una gentile antica leggenda stellare. Il nove settembre si ha infine in tono minore una festa dei crisantemi, alla quale può unirsi, secondo gli anni, la festa della luna d’autunno, ritenuta la più bella dei 12 mesi.
A questi eventi possiamo aggiungere lo shichi-go-san, occasione in cui si festeggiano i piccoli di sette, cinque e tre anni, conducendoli ad una visita cerimoniale al sacrario di zona (possibilmente dove si venera lo uji-gami, il kami diciamo parrocchiale).
I Matsuri, le Arti e il Teatro
Si può ben dire nello shintou, e specialmente nell’orbita prodigiosamente ricca e diversificata dei matsuri, affondino le loro più arcaiche radici gran parte delle arti giapponesi – e specialmente quelle del teatro. Prototipi mitologici furono, da un lato le danze orgiastiche della dea Uzume, forse di natura sciamanica, che servirono a far ritornare il sole in cielo (crisi da eclissi), e l’uccisione del drago da parte del dio Susanoo, ambedue episodi ampiamente trattati sia nel Kojiki che nel Nihongi.
I più antichi intrattenimenti sviluppatisi in occasione dei matsuri si chiamarono Kagura, espressione che in superficie, traducendo gli ideogrammi coi quali si scrive, significa “musica degli dei“, “diletto dei kami“, ma che più probabilmente deriva da kami-gakari, possessione sciamanica, per mezzo di cui si veniva a conoscere la volontà dei kami, oppure da kami-kura, sede, corpo dei kami.
Il Kagura (che ha una sua esistenza autonoma ancora oggi) sarà poi una delle componenti principali da cui (nel XVI secolo) il genio di Kanami, e di suo figlio Zeami, farà nascere il teatro Nou. E poco più tardi (agli inizi del secolo XVIII) costituirà una delle radici del teatro Kabuki.
Tratto dal libro Storia delle Religioni – Cina- Estremo Oriente
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