La struttura policentrica della megalopoli fu una scelta politica, maturata negli anni Cinquanta. La città in crescita aveva bisogno di respirare e non di restare concentrata attorno al suo centro tradizionale, che andava dal palazzo imperiale a Nihonbashi. Così i vecchi quartieri sono divenuti strutture autonome, autentiche città nella città.
“Sono pochi ad avere un’immagine della capitale nella sua interezza”, ha detto l’architetto Fumihiko Maki, uno dei migliori allievi di Tange; “l’immagine che i suoi abitanti hanno è come un diagramma, dove sono segnati i pochi luoghi con i quali hanno familiarità”.
La grande Tokyo, metropoli tentacolare per eccellenza, è insomma un oggetto in gran parte sconosciuto anche per chi vi risiede da sempre. Attenzione però: i tentacoli in questione non sono quelli di una pericolosa piovra, bensì quelli, luminosi e trasparenti, di una medusa.
Perché questa città non è pensabile senza le sue luci. Guardarla di giorno, dalla cima dei grattacieli, è uno spettacolo grandioso, specialmente se, nelle limpide giornate d’inverno, verso sud-ovest si scorge il profilo del monte Fuji.
Ma con il buio dà il meglio di sé, ogni finestra diventa una lucciola e le rigide forme dei palazzi si ammorbidiscono. Anche rimanendo in strada, nelle grandi arterie commerciali, è la luce a plasmare l’ambiente e a conferire leggerezza asllo spazio.
Vivida quella delle grandi insegne, dei pannelli pubblicitari, degli schermi al plasma, come a Shibuya e Shinjuku, ma anche a Ikebukuro, la cui via principale si chiama significativamente via Sunshine. Luce più tenue emana dai palazzi delle case di moda: le grandi firme fanno a gara per ostentare opulenza e i luoghi deputati a tale funzione sono Ginza e Omotesando.
Già a centro metri dal grande viale alberato di Omotesando, c’è Takeshita Dori, dove da anni si celebra invece la moda alternativa. La contraddizione è stridente e, come se non bastasse, è acuita da un terzo elemento di contrasto, il maestoso parco del Meiji Jingu, santuario che ricorda la restaurazione imperiale del 1868.
E’ un significativo incontro quello fra la via della trasgressione giovanile, il viale del lusso borghese e la sacralità del tempio. Si può scegliere uno di questi stili in particolare. Oppure si può aderire a tutti e tre.
Anzi è proprio questa l’essenza dei quartieri di Tokyo e sono poche le eccezioji, ossia Asakusa (la zona che più uniformemente, conserva una lieve patina retrò) e Marunouchi, il quartiere degli affari, fatto da seriosi parallelepipedi di uffici.
Anche se in realtà quest’ultima zona vive in simbiosi con la vicina Ginza, dove le Ols (sarebbero le office ladies) nell’ora di pausa vanno a tuffarsi nel luccichio delle vetrine e nei faccè alla moda.
Tratto dalla rivista Meridiani – Giappone (Anno XXIV – N.195)
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