L’origine di questo piatto, estremamente caro ai giapponesi, è senza dubbio lontano nel tempo. Nell’XI secolo gli antenati degli onigiri appaiono nel Diario di Murasaki Shikibu (poetessa e scrittrice, autrice del celebre Genji Monogatari, considerato il primo romanzo giapponese) come semplici palle di riso a forma di uovo. A metà del periodo Edo (1603-1868) le alghe diventano un ingrediente accessibile anche per la gente comune e così, forse per non trovarsi con le mani appiccicose (!), si comincia ad avvolgere il riso pressato nel foglio di alga nori.
Altri testi del XVII secolo testimoniano che i samurai erano soliti conservare del riso pressato in una guaina di bambù per avere con sé del cibo nutriente durante le battaglie. Nelle serie di xilografie ukiyo-e Le 53 stazioni della Tokaido realizzate da Utagawa Hiroshige si possono vedere raffigurati i viaggiatori intenti a mangiare onigiri. Infine (anche se riguarda l’inizio), nel 1987 è stato ritrovato in Giappone quello che sembrerebbe essere il fossile di uno dei primi onigiri: databile intorno a duemila anni fa, sembra riportare le impronte digitali sulla superficie, segno tipico della pressione che viene esercitata sul riso cotto per conferirgli la tradizionale forma.
A seconda delle regioni, l’onigiri può chiamare nome e talvolta forma, diventando nigirimeshi, oppure omusubi, quest’ultimo rigorosamente a forma di montagna (quindi triangolare) a simboleggiare le divinità e dunque per ricevere da esse forza.
In Giappone il 17 gennaio è la Giornata dell’onigiri.
Fonte: Estratto tratto dal libro The Sushi Game – Guida Banzai alla cucina giapponese di Francesca Scotti e Alessandro Mininno
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