L’ordine giapponese per i nomi di persona, prima il cognome poi il nome, è stato mantenuto anche nel caso dei personaggi più noti in Italia per nome-cognome: Kurosawa Akira, non Akira Kurosawa. Più complessa la questione toponimi. In giapponese le parole sono formate quasi sempre da prefissi e suffissi che andrebbero di norma tradotti; operazione, però, non sempre ovvia e lineare.
Per consentire a chi legge di farsi un’idea della struttura dei lemmi giapponesi si è scelto di lasciare, il più delle volte, i suffissi che si incontrano di frequente in viaggio separandoli con un trattino (ad esempio,-ji per i templi, -en per i giardini, -do per i padiglioni al loro interno, -mon dopo i nomi dei portali, -dori per le strade, -kan per musei e affini, -ko per i laghi, eccetera), nonostante l’implicita ridondanza.
A prescindere dal trattino, le parole vanno pronunciate come un tutt’uno; per i toponimi urbani i trattini sono stati omessi (kabukichō, non kabuki-chō). Il tratto orizzontale sopra le vocali segnala il loro allungamento, ovvero la loro maggior durata in pronuncia.
Evidenziare gli allungamenti vocalici aiuta a pronunciare meglio e a fare, per chi ne ha gli strumenti di base, ricerche in giapponese. Nelle indicazioni relative alle stazioni o alle fermate dei bus si è scelto invece di mantenere quando possibile la trascrizione ufficiale dalle compagnie di trasporto giapponesi, che spesso non riporta gli allungamenti.
Fonte: estratto dal libro “Giappone” di Laura Imai Messina e pubblicato da Touring Club Italiano
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