Il tororo altro non è che una patata giapponese di montagna (yamaimo o Dioscorea japonica) grattugiata, ed è l’onomatopea del suono della grattugia. La yamaimo è una radice lunga, con la buccia marrone chiaro e la polpa bianchissima , croccante e quasi insapore. A differenza di altre patate, la yamaimo può essere consumata cruda e viene molto usata nella cucina giapponese, anche in virtù delle sue caratteristiche mucillagginose, per dare una consistenza soffice ad alcune preparazioni.
Il secondo ingrediente centrale di questo piatto è la soba, ovvero un sottile tipo di pasta di grano saraceno simile nell’aspetto a tagliolini o a spaghetti alla chitarra molto lunghi. Sembra che le sue origini siano cinesi e che risalgano a un lontano passato. In Giappone il suo consumo di è abbondantemente diffuso nel periodo Nara (710-784), ma la forma e il tipo di soba che si mangia oggi si sono delineati tra XVI e XVII secolo. Secondo la documentazione proveniente dal periodo Edo (1603-1868), la soba era comunemente prodotta nei templi e consumata prevalentemente in occasione della cerimonia del tè.
Ma con la metà del XVII secolo, è diventata una presenza fissa nell’alimentazione popolare. Parte dell’amore nei confronti di questo cibo risiede anche nelle sue qualità nutrizionali, infatti è ricco di vitamine B1 e B2 note per la loro efficacia nel recupero della fatica, e dunque utili anche per contrastare la stanchezza causata dal grande caldo dell’estate giapponese.
In virtù della forma lunga e sottile, si dice che la soba simboleggi la longevità ed è anche per questo che viene spesso consumata in occasioni speciali, come durante i festeggiamenti del capodanno.
Fonte: Estratto tratto dal libro The Sushi Game – Guida Banzai alla cucina giapponese di Francesca Scotti e Alessandro Mininno
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