Lett.: Un arco di tempo, un incontro.
Lib.: Ogni incontro è un fatto unico nella vita
Alcune note.
Il senso è che ogni incontro con un’altra persona va affrontato essendo consci del fatto che potremmo anche non rivedere mai più quella persona e quindi bisogna far sì da non avere rimpianti per come ci si è comportati.
Spesso è visto in senso romantico (la versione “colta” del nostro “ogni lasciata è persa”, diciamo), in realtà nasce nell’ambito dell’arte della cerimonia del tè (in genere si parla di 茶道 sadou e di 茶の湯 cha no yu), con un’idea di fondo che è qualcosa tipo “mi impegnerò al massimo per dimostrarti ospitalità ed eseguire perfettamente questa cerimonia, poiché ogni incontro è unico nella vita, cioè potremmo non rivederci più (e non voglio avere rimpianti per come ho agito in questa occasione)”.
Sembra che la creazione di questo Yojijukugo, vada ascritta a Sen no Rikyuu, un maestro della cerimonia del tè, vissuto tra il 1522 e il 1591, che è stato anche una importante figura storica (gli sono stati dedicati anche dei film, uno con Toshiro Mifune, Leone d’argento a Venezia nel 1989). E’ stato un monaco buddhista giapponese, zen, riformatore della Cerimonia del tè codificata da lui stesso con la definitiva forma del wabi-cha.
Maestro del tè di personaggi politici di primo piano del suo tempo, non solo la sua “scuola” (in senso artistico) è sopravvissuta tutt’oggi, ma anche la sua casa, o meglio, le sue case, per la verità, note come “ura-senke” e “omote-senke” (“Sen-ke” significa “famiglia Sen”, “omote” e “ura” significano di fronte e sul retro, evidentemente la loro posizione rispetto alla strada).
Articolo tratto dal sito Studiare Giapponese e gentilmente condiviso con noi da Kazeatari
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