Genji Monogatari è un classico della letteratura nipponica, scritto da una nobile giapponese, dama di corte vissuta nel periodo Heian (794-1185), dal nome Musaraki Shikibu.
Il romanzo illustra e racconta della vita, a volte travagliata, delle alte cortigiane di corte durante il periodo Heian. Capitolo dopo capitolo Murasaki racconta delle donne aristocratiche di quel tempo: il romanzo si presenta come una qualsiasi novella con un personaggio principale su cui ruota tutta la storia, tuttavia sono presenti anche un gran numero di personaggi di maggiore e minore importanza che hanno grande influenza sulla vita del protagonista.
La Storia di Genji Monogatari
L’opera racconta di uno dei figli dell’imperatore giapponese dell’era Heian, conosciuto con il nome di Genji o meglio Hikaru Genji (Genji Splendente). Genji, tuttavia, è solo un modo differente per leggere i kanji del clan Minamoto (la lettura On di Minamoto è infatti 源 Gen, stesso kanji presente nella parola Genji), famiglia realmente esistita e a cui l’autrice ha voluto alludere. Nato dalla relazione dell’imperatore con una sua concubina, e non potendo quindi far parte del ramo principale della famiglia imperiale o aspirare al trono, Genji viene adottato dalla corte, che gli permette comunque di scalare gli alti ranghi partendo dalla carica di semplice funzionario.
Tutta la vicenda ruota attorno alla vita amorosa di Genji e alle sue varie relazioni, mostrando quindi i costumi e le usanze della società di corte del tempo. Nonostante le sue numerose relazioni e le diverse mogli, da libertino Genji mostra comunque una sua particolare lealtà e legame verso tutte le donne della sua vita non lasciandone mai nessuna, gesto non indifferente in un periodo in cui l’abbandono per una concubina o per una moglie significava l’emarginazione dalla società.
Tra tutte le numerose donne, una fu una presenza particolare nella vita del giovane Genji: si tratta di Fujitsubo. La scomparsa prematura della madre ha lasciato in Genji un vuoto che il giovane cercherà di colmare per tutta la sua vita, cercando sempre una figura materna in tutte le donne di cui si innamora. Questa materna figura crede di trovarla proprio in Fujitsubo, una concubina dell’Imperatore, suo padre.
Nella donna, Genji vede solo la bellezza e la soavità, ma anche la dolcezza di una madre e ammaliato se ne se ne innamora. Nonostante sia ricambiato dalla donna, i due sono costretti a reprimere i loro sentimenti in quanto lei “appartiene”, in qualità di concubina e poi sposa, all’imperatore, mentre Genji è unito da poco in matrimonio a un’altra principessa. Le vicende dei due personaggi si intrecciano con le vite di altri soggetti, sino alla fine del romanzo, che vede un Genji ormai anziano, intento a riflettere in solitudine sul senso della vita e sulla caducità delle cose e la loro bellezza fugace.
Sempre all’interno del romanzo, si trovano altri capitoli extra, conosciuti come Capitoli di Uji che continuano a raccontare vicende anche dopo la scomparsa di Genji e hanno come protagonisti il figlio di quest’ultimo e un suo amico. Dopo qualche racconto, l’opera termina bruscamente, lasciando presupporre ai vari studiosi e autori stranieri che ne hanno tradotto la versione inglese, che il lavoro non sia stato completato dall’autrice. Sembra infatti che Murasaki non avesse pianificato alcuna fine per il romanzo ma abbia semplicemente continuato a scriverlo finché ha voluto per poi lasciarlo incompleto.
Struttura del Genji Monogatari
La storia che narra la vita del principe Genji, racconta della gioventù, dell’ascesa al successo, della mondanità e amori del giovane principe sino alla caduta e poi risalita; un intreccio in cui fanno da cornice le ammalianti e belle figure femminili. Linguisticamente si presenta come uno scritto molto complesso e non facile per i lettori moderni: appartenendo al periodo Heian e per di più a un ambiente di corte, la lingua di Murasaki fa uso di una grammatica molto complessa.
Ogni personaggio non viene quasi mai chiamato per nome ma per il proprio titolo onorifico o in base al loro ceto di appartenenza. Per le donne viene invece indicato il colore tipico del loro abbigliamento, diverso per ogni personaggio femminile, oppure il rango di un parente maschio di primo ordine a cui la stessa appartiene.
Altra difficoltà del romanzo è la presenza della poesia e di conversazioni scritte in versi. Ciò serviva spesso ai personaggi per comunicare sottili e velate allusioni in ambiente di corte: la poesia è quella classica Tanka. Come gran parte degli scritti del periodo heian, Genji molto probabilmente è stato scritto tutto, o quasi, in kana, e non usando caratteri cinesi in quanto composto da una donna che si rivolge a un pubblico femminile. È risaputo che nell’era Heian scrivere con i caratteri cinesi era una pratica riservata solo agli uomini, era invece proibito alle donne. Quest’ultime usavano i caratteri cinesi solo per scrivere parole autoctone giapponesi facendone un uso davvero molto limitato, pertanto, l’unica maniera di esprimersi era attraverso i kana.
Versioni di Genji Monogatari
La leggenda di Genji Monogatari è stata tradotta in molte lingue e oggi è possibile leggerla in tutte le sue versioni. La prima traduzione in inglese risale al 1882 con Arthur Waley che ne pubblicò una parziale traduzione; altre versioni sono venute poi più tardi, nel 1921 e nel 1933. La traduzione più recente ma anche più fedele all’originale risale al 2001 grazie al lavoro di Royall Tyler. In Italia è disponibile una versione di Genji Monogatari pubblicata dalla Einaudi di ben oltre le 1400 pagine.
Film, Anime e Manga
Come grande classico non può non aver avuto una sua trasposizione in film o, parlando di letteratura giapponese, anche in anime o manga. Genji Monogatari ha infatti ricevuto nel tempo divese trasposizioni cinematografiche: nel 1951 dal regista Kozaburo Yoshimura, nel 1966 dal regista Kon Ichikawa e nel 1987 un film d’animazione del regista Gisaburo Sugii. Infine una serie anime è stata rilasciata nel 2009 da Osamu Dezaki. Ma non solo. L’opera è stata anche oggetto di versioni teatrali negli anni e i mangaka non si sono certo risparmiati: celebre è infatti la versione Asaki Yume Mishi di Waki Yamato del 1979 ispirata alla ormai famosa leggenda del Principe Splendente.
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