Il tè è la bevanda più diffusa al mondo, dopo l’acqua naturalmente. È un infuso ricavato dalle foglie di una pianta, Camellia Sinensis, spesso miscelate anche con spezie o erbe naturali. È una pianta che viene coltivata soprattutto in Oriente: Giappone, Cina, India. La parola tè deriva da un carattere cinese pronunciato tei secondo un dialetto min meridionale diffuso nel sud del Fujian e Taiwan. Da questa pronuncia ne deriva la parola tè così come le lingue occidentali la pronunciano. Un’altra resa ancora di quel carattere cinese è anche la pronuncia settentrionale e cantonese cha: da questa lettura cantonese ne deriva la pronuncia giapponese, persiana, araba, russa, tibetana, slovacca, turca e portoghese.
Origine del Tè tra leggenda e realtà
Le origini del tè, sia leggendarie che reali, risalgono all’antica Cina: è il luogo più remoto e antico dove si è riusciti datare i primi usi di questa pianta. Stando a quando afferma un’antica mitologia cinese il tè fu addirittura scoperto nel 2700 circa a.C. da Shen Nong, uno dei tre imperatori della dinastia San Huang. La leggenda vuole che in un giorno d’estate, l’imperatore, visitando una regione antica e sperduta del suo impero, per dissetarsi mise dell’acqua a bollire. Mentre preparava l’acqua, delle foglie secche da un cespuglio caddero nel bollitore dando vita ad una nuova infusione. Quando provarono ad assaggiare quel preparato lo trovarono dissetante, rinfrescante e assolutamente delizioso. Secondo tale mito, quello sarebbe stato il momento in cui si sarebbe scoperto il tè.
Come questa esistono molte altre leggende, anche di origine indiana o giapponese. Per gli Indiani, per esempio, fu il Bodhidharma a scoprire il tè: quest’ultimo aveva fatto voto di non dormire più per almeno 7 anni rimanendo in totale stato di meditazione. Tuttavia, dopo del tempo la concentrazione iniziò a venir meno lasciando il posto alla sonnolenza e alla stanchezza. Allora prese d’istinto delle foglie da un cespuglio e, per recuperare le forze e tenersi sveglio, le masticò: facendolo trovò nuova forza e concentrazione. Quella era proprio la pianta del tè.
Un’altra leggenda racconta invece di un lungo periodo di peste in Cina. In quel periodo gli anziani sapevano del succo di una pianta che fosse in grado di curare gli ammalati e rendere fertile la terra, ma si trovava in cima ad una montagna protetta da un drago. Molti avevano provato ad avventurarsi fin lassù nella speranza di recuperare quella pianta sacra, ma senza alcun risultato: il drago finiva sempre per catturarli e tramutarli in roccia. Solo una ragazza, accortasi in tempo della fine che avrebbe fatto se fosse giunta di fronte al drago, decise di colpirlo da lontano e di rubare in seguito i germogli della pianta. Presi i germogli, li riportò alla gente, li annaffiò con dell’acqua di sorgente e con sua sorpresa vide nascere delle splendide piante adulte dalle quali tutti gli abitanti poterono estrarre il succo che li avrebbe salvati e guariti dalla peste. In seguito la pioggia torno a cadere rendendo fertile anche la terra, assicurando alla popolazione abbondanza e fertilità. Da allora tutti continuarono a bere il sacro infuso del tè.
Molte ancora sono le leggende che fanno del tè una bevanda sacra ai popoli d’Oriente: molti l’hanno considerata un potente infuso guaritore, altri un antidoto contro i veleni, altri ancora un ausilio alla concentrazione. Quale delle precedenti leggende sia la più credibile e vicina alla verità è difficile stabilirlo, ma è certa l’importanza che da sempre l’Oriente ha dato a questa preziosa bevanda.
Leggende a parte, il tè è comunque menzionato per la prima volta nei documenti cinesi ed è datato all’anno 222: già nel III secolo era diffuso e godeva anche di una certa popolarità, considerato come bevanda salutare e rigenerante. Durante la dinastia Tang divenne talmente celebre che venne nominato addirittura bevanda nazionale. Le piante di tè venivano ampiamente coltivate, raccolte, tostate, ridotte in piccoli pezzi e infine conservati in vasi di porcellana. Si realizzavano infusi con acqua calda bollente e con l’aggiunta di spezie o altri aromi per creare nuove e nutrienti variazioni. Nel 700 circa Ch’a Ching scrisse il primo libro sul tè, spiegandone i metodi di coltivazione e preparazione. Il libro ispirò molti monaci buddhisti Zen che non esitarono a introdurlo nella loro disciplina come “bevanda del benessere”.
Tra il 960 e il 1280, durante la dinastia Sung, si usavano per il tè delle tazze di porcellana e la bevanda si era diffusa non solamente in foglie ma in polvere. Solo con l’arrivo della Dinastia Ming, si riprede ad utilizzare il tè seguendo gli antichi canoni: le foglie intere lasciate nell’acqua.
Il tè in India e Giappone
Il tè, secondo le antiche credenze, arrivò grazie a Bodhidharma, già fondatore del Buddhismo Ch’an, in seguito a un lungo viaggio in Cina; in Giappone, invece, fu il monaco Eisai a portare il tè nel VI secolo: questo non solo portò in Giappone il tè, ma anche i precetti di buddhismo zen. Eisai introdusse ai suoi discepoli la disciplina Zen e i semi del tè portati dalla Cina, spiegando loro come coltivarli e lavorarli.
Per questo motivo i giapponesi indicano Eisai come “padre del tè”: grazie a lui la bevanda giunse in Giappone e si diffuse a tal punto da diventare oggetto di una vera e propria forma d’arte nella celebre Cerimonia del tè.
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