Gli attori del Nou sono originariamente due, lo shite, protagonista e il waki, deuteragonista. Lo shite (lett.: «esecutore») porta la maschera, veste costumi ricchissimi e se deve interpretare ruoli femminili (tutti gli attori del teatro Nou sono uomini) orna la maschera di lunghi crini di cavallo a guida di capelli muliebri.
Poiché, come diremo, la danza ha nel Nou un’importanza fondamentale, così lo shite deve essere anche versato nell’arte di Tersicore e conoscere alla perfezione i diversi significati dei numerosissimi passi cadenzati che deve compiere o accennare durante lo spettacolo.
Il waki (termine che significa «spettatore» o «ospite») ha più o meno la funzione di historicus. Entra per primo sulla scena e subito dopo l’ingresso dello shite gli si fa incontro fermandosi ad una certa distanza in segno di rispetto e lo invita ad eseguire una danza, dopodiché si ritira in un angolo del palcoscenico (appoggiandosi alla waki-bashira, cioè alla colonna del secondo attore) quasi a rappresentare sulla scena il pubblico stesso.
Allorché con l’andar degli anni lo spettatore non si accontenta più di due soli attori, si aggiungono ad essi un terzo attore che sostiene il ruolo di ragazzo (kokata) e talvolta un attore comico, kyougen ( o «clown»). Il dramma tipico tuttavia è composto dai soli due attori. Assai raramente può accadere in certi drammi di tipo eccezionale che il numero degli attori aumenti in numero straordinario, cosìcché siano dieci o addirittura venti a comparire simultaneamente sul palcoscenico.
Si affiacano allo shite ed al waki altri elementi quali gli tsure ed i tomo. Gli tsure sarebbero i «doppi» (tsure significa letteralmente «ombre») vale a dire i seguaci, i compagni del protagonista o del deuteragonista (shite-tsure e waki-tsure) e i tomo sono i servitori degli attori, coloro che per esempio accomodano o cambiano l’abito – quando l’azione lo prevede, come accade per esempio in Aoino-ue – del protagonista sulla scena o illuminano il volto dell’attore con una lanterna che gli avvicinano al volto per «centrarne l’immagine», se così si può dire.
Mentre lo shite, come si è detto, porta sempre la maschera, il secondo attore (waki) al contrario si mostra sempre a volto nudo, sia che reciti la parte di samurai, di monaco, di ministro o cittadino, in quanto, abbiamo visto, rappresenta il pubblico.
Prima della rappresentazione, sia lo shite che il waki pronunciano una breve preghiera davanti all’immagine degli antenati, chiedendo perdono se la loro recitazione non sarà all’altezza sperata e quindi non degna di tanta discendenza. Dopo la preghiera gli attori si guardano nel grande specchio della kagami no ma (stanza dello specchio) cercando di immedesimarsi nel carattere del personaggio che stanno per rappresentare.
L’uomo si spersonalizza, il ruolo da sostenere si sovrappone alla realtà della sua essenza quotidiana, la magia creatrice ed evocatrice dei diversi eroi ai quali dar vita (ogni spettacolo in genere comprende cinque Nou) trasumana l’attore immergendolo in una atmosfera di irrealtà che si comunica arcanamente agli altri elementi ed al pubblico.
Tratto dal libro Storia del Teatro Giapponese di Pietro Lorenzoni
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