Può giungere istintivo – dopo aver esaminato le strutture del teatro Nou e degli elementi che lo compongono – il chiedersi quali rapporti possano esistere tra il quattrocentesco Nou e l’antico teatro greco, che lo precede di quasi un millennio.
Considerato nel suo insieme, il teatro Nou ad un primo esame superficiale può apparire come un derivato di quello classico greco; tuttavia un’indagine più approfondita dei due teatri permette di scoprire numerose e fondamentali differenze tra di essi.
Consideriamo anzitutto le diverse strutture architettoniche dei due teatri: rettangolare quello greco, circondato da un’amplissima cavea che poteva contenere dai tre ai sei e anche diecimila spettatori; rigorosamente quadrato e tridimensionale quello giapponese, adatto per la sua capacità ad un pubblico che non superi ordinariamente le cinquecento persone. Una certa analogia esiste tra lo scarso numero degli attori dei due teatri, i quali tuttavia nel Nou possono raggiungere (tra shite-tsure e waki-tsure […]) anche il numero di dieci o venti.
La funzione dello shite e del waki è notevolmente diversa dal protagonista, deuteragonista e tetragonista del teatro greco per la scarsa importanza del ruolo del waki il quale, […], rappresenta in un certo senso il pubblico e non porta la maschera, mentre tutti gli altri attori greci, indistintamente, ne erano provvisti. La presenza dell’attore unico, caratteristica del Nou, proviene dalla sua stessa costituzione originaria di rappresentazione mimica per opera di un singolo attore, che si può ricollegare, in un certo senso, al cinquecentesco bululà spagnolo.
Le differenze si fanno più evidenti, considerando il coro greco e quello del Nou. Il primo, come si sa, aveva un ruolo corrispondente a quello di un vero e proprio attore, impersonificando di volta in volta, gli anziani ed i saggi della città, i figli o le figlie dell’eroe o dell’eroina.
I coreuti greci portavano le maschere e danzavano durante la rappresentazione. In più, la “quantità” delle battute e dell’azione, affidata al coro, non rimase mai la stessa, durante il periodo aureo del teatro classico, ma andò decrescendo, passando dalla metà ai tre quinti nelle tragedie eschilee, ad un quarto all’incirca in quelle di Sofocle, per finire con l’occupare soltanto un nono della rappresentazione nei drammi di Euripide.
Il coro del Nou, invece, rimasto fisso ed immutabile nella sua pur modesta importanza e nelle sue funzioni, non porta maschera e rimane immobile durante tutta l’azione.
Tratto dal libro Storia del Teatro Giapponese di Pietro Lorenzoni
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