Lo shintou è una religione di tipo politeistica. Gli dei, i numi, i kami possono esprimere in modo quasi impersonale, senza volto, il senso numinoso che gli esseri umani provano dinanzi a fenomeni naturali impotenti, meravigliosi e terribili, benefici e dannosi; oppure possono presentarsi con profili personali ben caratterizzati: in questo secondo caso ci si trova al cospetto di personaggi mitologici, oppure di individui storici deificati (esempio cospicuo quello del tennou Meiji, deceduto nel 1912). Secondo alcuni, tutti i kami, almeno quello con lineamenti riconoscibili, erano in origine degli antenati, per lo più preistorici, deificati.
Il lavaggio accurato di mani e bocca, prima di porre piede dinanzi al jinja, alla “dimora dei numi“, dimostra emblematicamente quanto sia importante e pressante nello shintou l’esigenza di purezza rituale. Inoltre, esso ci introduce ad un aspetto importante del suo fondamentale vitalismo. Lo shintou, infatti, è in primo luogo una religione che santifica ogni aspetto della vita di questo mondo, intenso come un assoluto, immergendosi nel “fervido presente” (naka-ima), di cui l’energia vitale è suprema realtà e meraviglia.
Quindi lo shintou onora e benedice le operazioni artigiane e casalinghe d’ogni giorno, il cibo per eccellenza ch’è il riso, la sua produzione, il lavoro nei campi, e per estensione nelle officine e nei mercati – oggi nelle fabbriche e nelle industrie. […]
Visitando i sacrari shintou subito si nota la grande importanza della natura nell’insieme dei luoghi sacri: “la foresta stessa non è altro che l’arcaico sacrario shintou”. Il sacro bosco, più dell’edificio, è l’autentica rivelazione dei kami. Siamo, così, posti di fronte a un’altra possibile via d’accesso al cuore dello shintou. Nella cosmogonia di questa religione i kami delle origini non creano il mondo e tutto ciò che lo popola, compresi gli esseri umani, ma lo generano. Conseguenza importantissima del fenomeno: uomini e cose, uomini e montagne, sassi, alberi, animali, fiori, tempeste, mari, vulcani, sono fondamentalmente fratelli, uniti da legami orizzontali di parentela segreta.
Ecco ben chiare, dunque, non solo le radici dell’amore millenario dei giapponesi per la natura, espresso in poesie, romanzi, pitture, artigianato, giardinaggio, ed ecco la linfa che nutre il fondamentale pragmatismo mistico che regola la vita del popolo isolano. Se siamo fratelli della materia, agire su di essa significa immergersi nel fluire più santo dell’esistenza. Il campo, la risaia, la barca da pesca, la bottega erano, una volta, i templi artigianali del fare, del produrre; oggi la fabbrica, il cantiere, lo stabilimento, l’ufficio hanno ereditato qualcosa del medesimo spirito.
Lo strettissimo legame tra uomo e mondo, caratteristico dello shintou, non poteva mancare di riflettersi sull’ordine sociale, visto anch’esso come parte di una grande orologeria. Le valenze politiche dello shintou sono sempre state estremamente vigorose. Un’abilissima manipolazione di miti, protostoria, storia, liturgie, ha finito col creare un cesaropapismo (koukoku-shugi) a momenti forte, a momenti debole, ma munito di una quasi incredibile capacità di recupero.
Tratto dal libro Storia delle Religioni – Cina- Estremo Oriente
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