Una cosa che colpisce anche un neofita che visita le fiere del fumetto anche italiane, Lucca in testa, è la quantità di stand che propongono, accanto ai fumetti e a gadget più classici, quali poster, libri di illustrazione e penne, oggetti più o meno legati ai manga, dalla forma ultragraziosa, con animaletti, colori pastello, personaggi teneri, in una specie di eterno richiamo all’infanzia.
Questo tipo di prodotti, realizzati da tempo ormai anche da artisti e artigiani italiani, proprio in occasione tra l’altro delle fiere, si rifà alla filosofia del kawaii, cioè del carino, del dolce, dell’infantile, un universo che comprende i Pokemon e Hello Kitty e gli altri personaggi della Sanrio, animaletti dei manga come Hello Spank (oggi esibito da insospettabili quarantenni anche qui in Italia su magliette e borse) e Kimba, Kerochan di Card Captor Sakura e i due gattini delle guerriere Sailor, ma anche creazioni originali, influenzando mode e stili di vita, invadendo abbigliamento, oggetti per la casa, mobili, gadget.
Ma il kawaii è una semplice evasione in un’età di eterna fanciullezza?
Valentina Testa, nel suo saggio Kawaii Art, edito da Tunué, esamina tutte le icone popolari della cultura kawaii, molte notissime qui in Occidente, fa riferimento ad una moda strettamente collegata come quella delle Gothic Lolita, a cui ha dedicato un altro saggio, ma vede nella moda kawaii, come del resto molti sociologi anche giapponesi, un sintomo del profondo disagio di giovani e giovanissimi che evadono in un universo fiabesco e infantile per non affrontare la realtà.
Quindi il kawaii è un qualcosa da condannare, una cosa da bamboccioni? Non proprio, perché Valentina Testa, oltre ad illustrarne l’interesse indubbio, si sofferma su alcuni artisti contemporanei del Paese del Sol levante che hanno creato opere e installazioni reinterpretando e destrutturando il mondo del kawaii.
Il primo di questi artisti è Takashi Murakami, noto anche per alcune mostre in Occidente, inventore di un mondo fatto di occhioni, fiorellini, personaggi deformed, molto vicino alla cultura otaku, ma anche ricco di suggestioni inquietanti e scabrose provenienti dagli hentai. Aya Takano ha rappresentato nelle sue opere ragazzine giovanissime in atteggiamenti equivoci, tra le stampe shunga e l’illustrazione fantascientifica.
Chiho Aoshima si rifà anche lei ad un mix tra le stampe e i manga, parlando di tematica legate all’ecologia e alla guerra, mentre Mr. saccheggia per il suo immaginario il mondo dei manga e degli anime, così come Mahomi Kuninata.
Chinatsu Ban invece si focalizza sul kawaii visto dagli animali, mentre Rei Sato realizza delle composizioni più astratte. Akane Koide realizza opere in cui è forte il tema dell’alienazione e del disorientamento, con elementi discordanti in quadri kawaii, mentre Tomoko Sakawa ha come mezzo espressivo la fotografia, ritraendo giovanissime ragazze con richiami ad Andy Warhol.
Un libro interessante, che ha come pregio di far vedere oltre ai luoghi comuni ma anche a quelli che sembrano meri gadget consumistici, feticci di un’infanzia che non vuole essere lasciata andare.
Recensione del libro Kawaii Art di Valentina Testa a cura di Elena Romanello per SakuraMagazine
Se volete leggere i libri scritti dalla nostra amica Elena Romanello della collana “I Love Anime” allora vi consiglio:
- Candy Candy. «Eravamo tutte innamorate di Terence…»
- Capitan Harlock. Avventure ai confini dell’Universo
- Sailor Moon. La bella ragazza guerriera
- Il mito di Lady Oscar (Hinomaru)
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