E’ così che la giovane ventenne belga Amélie Nothomb racconta la sua esperienza lavorativa in Giappone nel suo libro Stupore e Tremori. Nel tentativo di coronare il suo sogno di tornare in Giappone dove era nata e cresciuta per via del lavoro del padre, noto diplomatico, Amélie era riuscita a farsi assumere, come traduttrice da un’importante multinazionale nipponica, la Yumimoto.
Il suo iniziale entusiasmo all’interno dell’azienda, viene però subito attenuato dal duro impatto con la chiusa mentalità giapponese. I suoi bei ricordi d’infanzia vengono pian piano sovrascritti da un ambiente che rispecchia il carattere rigido, complesso, gerarchico del mondo lavorativo giapponese dove ogni individualità viene schiacciata in nome di una collettività schematizzata e priva di flessibilità.
Convinta infatti di poter giovare all’attività dell’azienda grazie alla sua padronanza del francese e del giapponese, e nonostante riesca a portare a termine un progetto in modo brillante e in poco tempo, viene comunque denunciata dalla sua superiore, Fubuki Mori, che vede in lei una temibile rivale da sottomettere ad ogni costo.
Amélie fa dunque fatica ad integrarsi e a far suo il sistema giapponese, e ogni sua iniziativa indipendente, che possa mettere in risalto le sue abilità di traduttrice, le costano una serie di spietate ritorsioni da parte dei suoi superiori che pur apprezzando il suo lavoro non perdono occasione per denigrarla e insultarla, arrivando addirittura ad ordinarle di “dimenticare” la sua conoscenza del giapponese, per non mettere a disagio, con le sue capacità, colleghi e superiori.
Viene perciò offesa e declassata a lavori sempre più mortificanti, sino ad arrivare a fare solo fotocopie, anche non necessarie, servire il tè, cambiare il giorno sul calendario e pulire i bagni, continuamente insultata, anche perché occidentale.
Si tratta di un romanzo autobiografico che Amélie Nothomb racconta con tono sarcastico e tagliente, dove con grande ironia riesce a trasformare momenti drammatici in situazioni grottesche narrandoli come comici siparietti. L’autrice, e anche protagonista, è inizialmente ignara di certe dinamiche inesistenti in gran parte del mondo ma ben radicate in Giappone, e pur celando il desiderio di ribellarsi al sistema, decide di affrontarlo con onore e impegno, e secondo lo stile giapponese, ossia adeguandosi, con grande senso dell’onore e del dovere, e aspettando pazientemente la fine del contratto.
La forte carica ironica con cui narra la sua esperienza in Giappone, nascondono in verità lo smarrimento, lo stupore e la disillusione con cui l’autrice si rende conto di quanto il Giappone sia diverso e ben lontano da quella perfezione ed efficienza che c’è, ma solo superficialmente; è un’ironia di facciata che cela in realtà rabbia e contrarietà sulla condizione della donna e sul modo subdolo, freddo, distaccato con cui vengono gestite le relazioni, privando ogni essere della sua umanità e creatività.
Sarà una sempre crescente voglia di riscatto ciò che darà ad Amélie la forza di continuare e di non cedere alla tentazione di dare le dimissioni. Preservato, con grande fatica, l’onore, e terminata l’atroce esperienza di lavoro, Amélie, tornerà in Europa dove ad attenderla, una brillante carriera come scrittrice.
Buona lettura!
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