Nel ciclo di film d’animazione giapponesi proposti in date particolari dalla Nexo Digital ha spiccato la scelta del live action di Space Battleship Yamato, una pellicola del 2010 capace di ribaltare i luoghi comuni sui film dal vivo tratti da manga ed anime come imbarazzanti e poco incisivi. Quindi, è stata una bella occasione per scoprire o riscoprire un’altra opera di Leiji Matsumoto, classe 1939, già dietro a Capitan Harlock che ha conosciuto una nuova giovinezza grazie al film in CGI uscito tra la fine dello scorso anno e quest’anno.
Per molti Space Battleship Yamato, noto per anni nel nostro Paese con il titolo americano di Starblazers, è lo Star Trek giapponese: effettivamente, con l’universo creato da Gene Roddenberry e poi ripreso nei decenni successivi in serie, film, remake, spin off e simili ci sono alcuni punti di contatto, ma anche differenze importanti.
Anche Space Battleship Yamato è la storia di un’astronave che gira per lo spazio con una missione: ma mentre in Star Trek lo scopo era conoscere e confrontarsi con nuove culture, non sempre per forza ostili, in Space Battleship Yamato la missione è più disperata: c’è una Terra contaminata da salvare o da difendere da forze aliene. Forse ci sono più punti in comune con Spazio: 1999, serie di culto inglese di metà anni Settanta, in cui un equipaggio di terrestri si trovava a dover vagare nel cosmo per fatalità e non certo per scelta.
I personaggi di Yamato sono in ogni caso intrisi di senso del dovere verso il bene del pianeta Terra, simboleggiato come sempre dal Giappone, con una visione della vita votata al sacrificio supremo: questo era evidente nelle varie serie dell’anime, ma lo è ancora di più nel film dal vivo, con un finale che chiude ogni possibilità di seguiti. Una visione molto nipponica, a cui si accompagna il richiamo ad una delle corazzate navali più famose della Storia della Seconda guerra mondiale, trasformata in questo futuro remoto in un’astronave, così come un veliero dei Corsari del Seicento era diventato l’Arkadia in Capitan Harlock.
Qualcuno ha parlato di nazionalismo e esaltazione di valori un po’ reazionari per Yamato in particolare film, ma conoscendo la visione abbastanza anarchica della vita di Leiji Matsumoto il tutto sembra una forzatura. Piuttosto Yamato permette di assaporare, in anime e in film, di nuovo un’avventura verso lo spazio profondo, alla ricerca di un qualcosa: un filone della fantascienza che, di fronte alla disillusione di questi ultimi anni, che ha portato ad una rinascita della distopia terrestre quasi senza speranza (che c’è in parte), è un po’ sparito da schermi, romanzi e simili, portando via con sé alla fine il sogno ad un avvenire che poteva essere migliore.
E questo è indubbiamente un vantaggio e un pregio di quest’epopea spaziale in cerca di un modo per avere un avvenire migliore, su una Terra non più contaminata dalle radiazioni o a rischio di invasione dell’Impero della Cometa. Un modo per scoprire di nuovo altri orizzonti del fantastico, non solo peggiorativi, ma anche in una visione di un mondo che può anche non andare sempre male, e può cambiare.
Un’esigenza sentita anche in Giappone, visto che dopo il successo del film dal vivo del 2010 è iniziato un remake della serie animata. In attesa, ci sono tre serie datate anni Settanta e da vedere non solo seguendo l’effetto della nostalgia canaglia, sette tra film e OAV con riassunto delle avventure e nuove storie e il film dal vivo. Il tutto, per andare con la Yamato dove nessuno era mai arrivato prima…
Recensione scritta da Elena Romanello per SakuraMagazine
Se volete leggere i libri scritti dalla nostra amica Elena Romanello della collana “I Love Anime” allora vi consiglio:
- Capitan Harlock. Avventure ai confini dell’Universo
- Candy Candy. «Eravamo tutte innamorate di Terence…»
- Sailor Moon. La bella ragazza guerriera
- Il mito di Lady Oscar (Hinomaru)
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