Ebbi l’idea di fotografare cristalli d’acqua quando, aprendo casualmente un libro, un titolo mi colpì: “Esistono due fiocchi di neve identici?”.
Fortunatamente, nella mia ditta era impiegato Kazuya Ishibashi, un ricercatore che, per il suo programma di dottorato all’Università Kumamoto, aveva studiato Scienze Applicate. Kazuya era avvezzo a osservare le cose al microscopio, così ne noleggiai uno ad alta precisione: egli mi guardava con aria interrogativa, ma io gli dissi con enfasi: “Riusciremo a fotografare cristalli d’acqua, ne sono assolutamente certo”. E lo spinsi a fotografare cristalli di ghiaccio.
Lui non era convinto quanto me. Con uno sguardo serio, mi disse: “Signor Emoto, la mia preparazione e la mia esperienza m’inducono ad affermare che non riusciremo a fotografare cristalli d’acqua”. Risposi: “Si può fare. Lei sembra dubitarne, ma io sono fiducioso. Si fidi di me e ce la metta tutta: ci riuscirà”.
Dopo questo avvio, per due mesi egli continuò a congelare acqua e ad osservarla al microscopio. Giorno dopo giorno, esaminava ghiaccio, ma restava deluso. Nel frattempo, io aspettavo che finisse di lavorare, la sera tardi, per portarlo a bere qualcosa. Per fortuna, a quel tempo gli piaceva molto il saké e sorseggiare la sua bevanda preferita lo confortava, anche dopo aver mancato per un soffio il risultato sperato. Non avendo io le capacità tecniche per compiere l’esperimento, l’unica cosa che potevo fare era sostenerlo e incoraggiarlo. Mi sforzavo di motivarlo, in modo che non si perdesse d’animo in laboratorio.
Mia moglie ripeteva spesso che era una fortuna che fosse Ishibashi e non io a fare il lavoro, considerando il suo impegno. Ero d’accordo sul fatto che, se fossimo riusciti a fotografare, primi al mondo, un cristallo d’acqua, sarebbe stato solo grazie alla perseveranza di Ishibashi. Dopo due mesi di tentativi, ottenemmo finalmente la foto di un cristallo d’acqua.
Non dimenticherò mai l’espressione di Ishibashi quando schizzò fuori dal laboratorio brandendo la foto per mostrarmela. Pensando al nostro atteggiamento di allora di fronte alla sfida che ci attendeva, mi rendo conto che l’intenzione di entrambi era pura. Inizialmente dubbioso, Ishibashi doveva essere stato contagiato dalla mia passione, perché col tempo era divenuto fiducioso nella riuscita del nostro lavoro. Per questo, l’acqua ci aveva mostrato le sue forme più belle.
Se avessimo avuto solo intensione di far soldi, non credo che l’acqua avrebbe assecondato la nostra avidità formando cristalli. Continuando a condurre i nostri esperimenti e a scattare foto, capivamo sempre meglio qual era il modo migliore per realizzarli. Tempo dopo, istallammo tre grossi refrigeratori in grado di mantenere una temperatura costante di -5° C (23°F).
Come scattiamo le fotografie? Lasciate che vi spieghi il nostro modo di operare.
Prima di tutto, mettiamo un campione d’acqua in una bottiglia di vetro e lo esponiamo per un certo periodo di tempo all’informazione, che può essere una parola, un’immagine o una musica. Poi, coliamo quest’acqua in cinquanta capsule di Petri (del diametro di 5 cm). Queste capsule sono poi congelate a -25°C (-13°F) o a temperature ancora più basse. Quando, tre ore dopo, vengono tirate fuori, si sono formati granuli di ghiaccio con il centro chiuso, a causa della tensione di superficie. Questi granuli sono molto piccoli (meno di mezzo pollice, ossia 1.27 cm); dirigiamo la luce su ciascuno di essi e lo osserviamo al microscopio.
Se tutto va bene, con l’aumento della temperatura, il ghiacchio si scioglie e inizia a formarsi un cristallo. In uno o due minuti, il cristallo si apre come un fiore che sboccia. Le cinquanta capsule di Petri contengono tutte la stessa acqua, congelata nelle medesime condizioni. Non tutti i granuli di ghiaccio, tuttavia, formano dei cristalli. Mentre in alcune capsule il ghiaccio forma splendidi cristalli, in altre non ne forma affatto.
Servendoci di statistiche, possiamo suddividere i risultati in tre categorie: quella in cui i campioni formano splendidi cristalli, quella in cui molti cristalli tendono a collassare e quella in cui non vi è alcun cristallo. I cristalli d’acqua, quindi, sono sicuramente indicativi della qualità dell’acqua studiata.
Articolo tratto dal libro Il vero potere dell’acqua di Masaru Emoto.
Altri libri di Masaru Emoto:
- Il miracolo dell’acqua
- L’acqua che guarisce
- La risposta dell’acqua
- L’insegnamento dell’acqua
- I messaggi dell’acqua
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