La lingua giapponese è un pò una cosa fine a se stessa. E’ vero che ci sono alcune apparenti somiglianze tra Giapponese, Cinese e Coreano, ma queste caratteristiche simili fanno già parte di quei tratti originali della lingua; ci sono cose che attraverso i secoli sono state poi aggiunte.
Quando i giapponesi hanno adottato il sistema ideografico di scrittura cinese tra il IV e il VII secolo, hanno mantenuto, o solo lievemente cambiato, la pronuncia di molti degli ideogrammi. Per esempio la parola cinese per “montagna” è “shan”; il giapponese usa similmente il termine “san”, anche se insieme poi ad una propria pronuncia nativa della parola che è “yama”.
Quando i commercianti portoghesi, tedeschi e inglesi e vari missionari iniziarono a fare la loro apparizione in Giappone nel XVI secolo, ben presto i giapponesi adottarono un certo numero di parole europee per indicare tutte quelle cose a loro sconosciute o non familiari. Per esempio, la parola portoghese per “pane” è “pan”, e ancora oggi “pan” è la parola per indicare il pane in giapponese.
Nei vari secoli successivi, sono state centinaia le parole straniere adottate dalla lingua giapponese seguendo un semplice processo di scomposizione di tali parole in sillabe giapponesi pronunciandole secondo il “modo giapponese”.
Oltre a “pan” per esempio, per indicare il pane è usato anche il termine “buredo” (dall’inglese “bread”) o ancora “miruku” (da “milk”) per indicare il latte: questi come altri sono termini usati in aggiunta alle già presenti parole native, anch’essi usate nel parlato.
Durante la “febbre nazionalistica” che si è sviluppata durante la guerra tra il 1930 e il 1945, l’uso delle parole straniere venne proibito dal governo giapponese, dando però non poche difficoltà di espressione a coloro che lavoravano nel campo della ricerca e della tecnologia dove tali termini erano spesso indispensabili.
Quando però la Seconda Guerra Mondiale finì, portando in Giappone quel famoso “periodo Americano”, i giapponesi iniziarono nuovamente ad importare e adottare come proprie le parole straniere.
Con milioni di militari americani, alleati e civili sparsi per le isole giapponesi e con la diffusione dei film americani, pubblicazioni in inglese e l’introduzione di migliaia di concetti e cose per cui non c’erano parole native giapponesi ad identificarle, la lingua giapponese iniziò allora un processo su larga scala di trasformazione delle parole straniere “in giapponese” seguendo il processo prima citato.
Il boom economico che iniziò in Giappone negli Anni ’50 e che durò per oltre 30 anni fu una sorta di “speciale catalizzatore” che portò come risultato l’importazione di migliaia di termini tecnici “giapponesizzati” e aggiunti ufficialmente nel vocabolario della lingua.
Oggi, più del 10% di tutte le parole che compongono il vocabolario parlato odierno giapponese è composto da parole importate, per la maggior parte dall’inglese, che sono conosciute oggi con il termine “Gairaigo” che letteralmente significa “linguaggio straniero” o “parole importate”.
Ormai oggi è praticamente impossibile per un giapponese parlare per oltre qualche minuto di qualsiasi cosa senza usare uno o più parola tra queste importate e “giapponesizzate“.
In ogni categoria, al business in particolare modo ma anche nell’ambito della tecnologia, ogni giapponese può difficilmente comunicare senza il Gairaigo. Però anche se il giapponese è abbastanza vivacizzato e infarcito di parole inglesi, ciò non significa che chi parla inglese automaticamente conosce allo stesso modo il 10% del linguaggio giapponese.
Senza una sostanziale esperienza e sforzo le parole straniere che sono state “giapponesizzate” sono del tutto prive di senso per un orecchio straniero. A primo ascolto, chi potrebbe sapere o anche solo immaginare che, per esempio, il termine abbreviato “Risutora”, un termine molto popolare venga dall’inglese “Restructuring”? O che “Purei boru” indichi il termine “Play ball” o ancora che “Rienjiniaringu“, solitamente abbreviato in “Rienji” indichi “Reengineering“?
Molte delle più popolari riviste giapponesi hanno titoli scritti usando parole straniere e il Gairaigo è presente in quasi ogni frase. Il Gairaigo è il pilastro fondamentale per molti degli annunci pubblicitari nell’ambito dell’elettronica e tecnologia in Giappone.
Uno dei miei amici, che non è molto portato per l’uso del “puro e genuino” giapponese, potrebbe usare il gairaigo o pronunciare le parole inglese come queste sono pronunciate in giapponese con una tale competenza che potrebbe comunicare tranquillamente e in modo sorprendente.
Dal momento che non ci sono ideogrammi per scrivere le parole straniere ma si usa il solo sillabario katakana, ciò rende immediatamente riconoscibile qualsiasi parola straniera sparsa per un testo scritto in giapponese.
Gli inserzionisti e coloro che si occupano di pubblicità spesso usano le parole straniere nei loro annunci per dar loro una sfumatura…. più esotica!
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