Partiamo con il primo mese dell’anno che in Giappone, molto semplicemente, si dice 一 月 Ichigatsu (letteralmente: “un mese”, mese 1″).
Il numero contenuto in questa parola, 一 Ichi appunto (uno) è molto importante. Innanzitutto è il primo ideogramma che i bambini imparano a scuola ed è anche l’unico costituito da un solo tratto, se escludiamo il Katakana di No ノ e altri due o tre kanji abbastanza ignoti e rari nell’uso.
Nonostante però la forma davvero molto semplice del kanji Ichi, le cose possono diventare un po’ complicate quando si giunge al momento di dover affrontare le sue varie letture. Quando si conta 1, 2, 3, ecc… si dice Ichi, Ni, San…. e fin qui non dovrebbe esserci alcun problema. La stessa cosa poi succede per le varie combinazioni (non tutte però) con le varie unità di misura, come ad esempio “un secondo”, “un litro” o “un paragrafo” che rispettivamente si dicono 一 秒 “ichi byou“, 一 リ ッ ト ル “ichi rittoru” e 一 段 落 “ichi danraku“. Molte altre combinazioni seguono questa resa, inclusi anche i termini astratti come 一 応 “ichiou” (per il momento, per come è...) e 一 概 に“ichigai ni” (non necessariamente) dove non si tratta nè di contare nè di misurare.
In linea con le basilari regole di pronuncia, la lettura di Ichi può essere unita, o meglio, inglobata nella parola che segue, come succede con 一 階 Ikkai (primo piano) o 一 個 Ikko (un oggetto), oppure 一 分 Ippun (un minuto) o ancora 一 歩 Ippo (un passo).
Ci sono tantissime espressioni che vengono formate, anch’essi in questo modo. Per esempio abbiamo 一 緒 Issho (insieme), 一 般 Ippan (generale), 一 切 Issai (e non per ultimo, e non di meno…), 一 成 Issei (un mio amico, uno dei miei) e 一 杯 Ippai (che però può trarre in inganno perché significa sia “una bevanda, un bicchiere” che “tanto, molto”. Solitamente viene in aiuto l’accento , o forse è meglio dire il modo di pronunciarlo che, in ciascun caso, è lievemente differente; nonostante questo però si tratta di una somiglianza che potrebbe essere fonte di fraintendimenti e incomprensione.
Ichi può apparire anche, posto in seconda posizione in un composto. Un esempio lo è la parola 万 [ が ] 一 Man(ga)ichi (solo in caso, se per caso…., nel caso remoto in cui….), che letteralmente significa “1 su 10.000”. Qui Ichi diventa il giusto componente che serve a ricordare di prendere sempre le giuste precauzioni contro ogni sorta di sfortuna che potrebbe accadere, anche se si tratta di un’ipotesi remota, di una 1 su 10.000, appunto.
Quando invece qualcosa non incontra le aspettative di qualcuno, si usa la parola 今 一 Imaichi (non proprio buono, non del tutto buono), mentre si usa バ ツ イ チ Batsuichi per indicare, in un giapponese colloquiale, il divorzio o l’essere già divorziato una volta.
Quando invece viene usato in seconda posizione in un composto, la lettura di Ichi può cambiare in Itsu, come ad esempio in 統 一 Touitsu (unità), 同 一 Douitsu (identicità) e 均 一 Kinitsu (uniformità).
Se poi abbiamo bisogno di esprimere qualche superlativo, Ichi può anche legarsi ad un sostantivo, come ad esempio 日 本 一 Nippon Ichi (il numero uno in Giappone, il migliore in Giappone) o 世 界 一 Seikaichi (il migliore nel mondo). Un’altra espressione utile è Ichiichi. Questo ripetersi due volte del numero Ichi può essere usato per esprimere qualsiasi genere di comportamento pedante, continuo, pignolo o esagerato, nel suo significato.
い ち い ち 文 句 言 う な
Ichiichi monku iu na
Smettila di essere sempre petulante, anche nelle piccole cose
E’ ciò che si potrebbe dire in casi particolari dove è richiesto, anche se probabilmente è meglio comunque non esagerare troppo nell’usarlo.
Come ogni kanji che si rispetti però, anche Ichi ha una sua lettura “indigena” giapponese. Ed ecco qui che entra in scena ora Hito. Lo possiamo trovare in termini come 一 晩 Hitoban (una sera), 一 言 Hitokoto (una parola), 一 口 Hitokuchi (un boccone di…) e 一 握 り Hitonigiri (una manciata di….).
Viene usato Hito per contare gruppi di cose o persone in modo non specifico come ad esempio 一 つ Hitotsu (per le cose) e 一 人 Hitori (per le persone). A proposito di Hitori, è bene sapere che significa anche “solo”; lo troviamo infatti in parole come 一人暮らし Hitorigurashi (vivere da soli) o 一人旅 Hitoritabi (viaggiare da soli). お一人様 “Ohitori-sama” è una formale espressione per riferirsi a clienti che sono da soli senza alcuna compagnia.
Un po’ di confusione può derivare dal fatto che la stessa combinazione “1 + persona” (hito+ri) in alcuni casi usa la lettura Ichi al posto di Hito come in 一 人 前 Ichininmae (una persona, un adulto), 一 人 乗 り Ichininnori (veicolo per un solo passeggero) e 一 人 称 Ichininshou (la prima persona, inteso in senso grammaticale). Ma ci sono altre irregolarità.
Il primo giorno del mese, per esempio, è chiamato 一 日 Tsuitachi (una lettura che sembra non essere per nulla collegata nè a “uno” nè a “giorno“, nonostante però il modo in cui la parola sia scritta, cioè con il kanji di uno e di giorno).
Sia stranieri che nativi, proprio per questo, impiegano un bel po’ di tempo, prima di imparare a non leggerlo Ichinichi, che tuttavia esiste pure ed è anche scritto allo stesso modo, solo che significa però “un giorno” e non “primo giorno (del mese)” o “giorno 1”.
A peggiorare poi le cose, è anche Ippi, una terza possibile lettura della parola. E’ un’alternativa però abbastanza insolita e forse accettabile nell’uso ma solo dagli adulti che potrebbero impiegarla normalmente solo in casi specifici in ambito di ufficio.
Altra curiosità: il numero “Ichi” inoltre si nasconde in alcune espressioni di tempo parecchio usate come 一 昨 日 Ototoi (l’altro ieri) e 一 昨 年 Ototoshi (l’altro anno, l’anno prima di quello trascorso). Tali parole sarebbero sicuramente più chiare se venissero usate le letture Issakujitsu e Issakunen al loro posto, ma sono raramente utilizzate.
Come abbiamo potuto capire da questo articolo quindi, le basi di Ichi sono in sè abbastanza semplici. E’ quando però poi si arriva ai dettagli che le cose si complicano, e c’è solo un modo per capire veramente bene questo kanji: impararlo UN passo per volta.
Articolo scritto da Peter Backhaus per il Japan Times
Traduzione: Sakura Miko
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