Vi presento la seconda parte dell’intervista fatta a Takao Yaguchi, autore di Sanpei, il ragazzo pescatore.
Il tuo pezzo è apparso nella stessa edizione di “Garo” in cui è apparso anche il pezzo di Sanpei Shirato (Aprile 1969).
Quando vieni accettato per una pubblicazione, acquisti più fiducia. In ogni lavoro che fai pensi: ” Ah ecco come fare!”, come se ricevessi di colpo la facoltà di disegnare. Sei così eccitato che da dentro ti senti spronato a disegnare ancora e realizzi finalmente che tu davvero sai disegnare. Pensa che io, che non avrei mai completato neanche un lavoro, poi improvvisamente sono riuscito a pubblicarne addirittura cinque in un anno! E’ come se una porta si spalancasse davanti a te.
E’ stato in quel periodo che hai perso anche un pò della tua determinazione e volontà di diventare un vero professionista, hai quasi rinunciato perchè pensavi che fosse impossibile.
Avevo già 29 anni e due figli. I dipendenti in banca non erano ben pagati e i miei risparmi non erano poi così tanti. Credevo che il mio sogno di diventare un professionista molto probabilmente sarebbe finito per rimanere solo un sogno di un adolescente; pensavo fosse un’ultima traccia della mia giovinezza che sarebbe scomparsa, esattamente come un girino che perde la coda. Credevo che sarebbe finita prima del tempo quindi disegnai l’ultima parte del mio lavoro come una sorta di ultimo ricordo della mia giovinezza.
Si poi però il direttore della tua banca ti disse: ” Il tuo manga è abbastanza buono da poter essere pubblicato però questo non significa che ti farà diventare un professionista. E non credere che avrai successo nel settore bancario solo perchè sai disegnare.” Queste dure parole bastarono a farti prendere una decisione: presentare le dimissioni dopo 12 anni di lavoro in quella banca.
Ti sei lasciato alle spalle la famiglia e sei andato a Tokyo per diventare un disegnatore di manga professionista. Ti sei immerso completamente in questo mondo. Ed è proprio dopo ciò che cominciarono ad arrivare lavori come la serie “Otoko Michi” dell’autore di manga Ikki Kajiwara.
Quando ero ancora un dilettante disegnavo seguendo quelle che erano le mie capacità. Ad ogni modo il dover adattare il lavoro di qualcun’altro al disegno manga mi ha aperto nuovi mondi. Per esempio, supponiamo che ci sia una scena ambientata sotto la statua del politico Saigo che si trova a Ueno, però non esistono illustrazioni di quella statua nell’enciclopedia. In questo caso, per realizzare la scena è necessario che qualcuno si rechi a Ueno a fare una foto alla statua in modo che poi si possa disegnare. In pratica ho capito che molti manga richiedono molto materiale fotografico.
Durante quel periodo viene pubblicata la tua serie Tsuri Bakatachi e tu cominci a costruirti una reputazione. Dopo, dal giugno 1973 viene pubblicata a serie Sanpei, il ragazzo pescatore presso la rivista settimanale per ragazzi Shukan Shonen ed è subito successo, infatti quell’anno vincesti anche il Kodansha Manga Award. Le pubblicazioni della serie continuarono per altri 10 anni, periodo in cui arrivi addirittura a disegnare approssimativamente 14 mila pagine.
Le vendite dell’edizione tascabile raggiunsero all’epoca 25 milioni di copie vendute. Dopo questo, seguì una pausa di 18 anni. Nel 2001 torni a lavorare alla serie, oggi più popolare che mai. Stranamente però il giovane Sanpei oggi non è cresciuto neanche un pò nonostante siano passati 30 anni dal suo debutto.
Quando decisi di cominciare a disegnare la nuova serie di Sanpei, alcuni lettori mi suggerirono di realizzare Sanpei in versione “uomo d’affari”. Però Sanpei, se fosse diventato un uomo d’affari si sarebbe dovuto sposare con la sua amica d’infanzia Yuri-chan e sinceramente non pensavo che sarei riuscito a disegnarlo mentre pescava tra una discussione domestica e l’altra. Per questo motivo ho fatto Sanpei esattamente lo stesso di prima; ho cambiato solo l’ambientazione adattandola all’attuale periodo Heisei.
In questo modo se c’è una scena in cui Sanpei è fuori a pescare e vuole parlare con il suo maestro di pesca Gyoshin, se fosse stato nel passato sarebbe dovuto andare alla casa più vicina provvista di telefono, oggi invece usa un semplice telefono cellulare. Questo è il genere di cambiamento che ho apportato alla nuova serie. Apparte questo però, in sostanza Sanpei non è cambiato affatto e il fatto che questo sia possibile farlo è una delle forze di un manga.
Una volta hai detto: “Sanpei è la rappresentazione di me stesso. In un certo senso Sanpei sono io”. Mi chiedo se anche gli altri tuoi personaggi sono stati creati prendendo come modello di riferimento qualcuno in particolare.
Penso che ci sia sempre una sorta di modello a cui ci si ispira. Per quanto mi riguarda, secondo la mia propria esperienza, avere un modello di riferimento conta molto. Ad esempio per il nonno di Sanpei, la persona che ha allevato il protagonista, ho preso come modello il mio stesso nonno, anche se mio nonno era completamente l’opposto rispetto al nonno di Sanpei. Mio nonno era uno all’antica, poco comprensivo, testardo, non stava mai a sentire nessuno, stava sempre a urlare e a lamentarsi. Quando pensavo a lui, cercavo di immaginare il tipo di nonno che mi sarebbe piaciuto avere e così, ho creato il nonno di Sanpei. Ho creato un personaggio saggio, che ascolta le persone giovani, un uomo generoso interessato alle scienze, insomma un personaggio che mette tranquillità nelle persone ogni volta che appare.
RAPPRESENTARE LE PROPRIE EMOZIONI E’ DIFFICILE
Anche se il tuo manga parla di pesca, i tuoi disegni sono incredibilmente pieni di vita. Non c’è dubbio che tu faccia di tutto per produrre immagini dinamiche e piene di movimento. Sono rimasto sorpreso quando hai detto che “la cosa più difficile da rappresentare sono le proprie emozioni o scene in cui non c’è alcun dialogo”.
Sono stato una volta ad assistere alle riprese di un film dal titolo “Itazu Kuma”, interpretato da Takahiro Tamura. Ero molto preso dal film, soprattutto incuriosito dalla sceneggiatura che vedeva l’interpretazione di un capo di polizia in circa dieci scene dove lui aveva più o meno dieci battute. Tamura interpretava il ruolo di un eccentrico, vecchio matagi (cacciatore di orsi) a cui era stato confiscato il fucile e che era stato messo in prigione. Quando un orso “mangia-uomini” comincia a terrorizzare tutto il vicinato diventano indispensabili le abilità del matagi per ucciderlo.
Il capo della polizia allora decide di far uscire temporaneamente il matagi di prigione, gli restituisce la sua arma e gli chiede di uccidere l’orso. In quel momento arriva una notizia: la figlia del matagi era stata attaccata dall’orso.
La battuta di quella ripresa fu solo: “Cosa? Kimi?” Dopo di che finirono le riprese. Una volta tornati in albergo per un bagno, io commentai le riprese con Tamura dicendogli: “Tamura, le tue riprese oggi sono state molto facili, avevi da dire solo una battuta!” A quel mio commento lui rispose: “Stai scherzando spero!”. Un attore fa molta più fatica quando deve recitare in una scena in cui non ci sono battute che non in una dove le battute ci sono.
La stessa cosa accade con i manga. Sono sempre molto entusiasta quando devo disegnare scene in cui ci sono un sacco di azioni, saltellamenti mentre si cerca di tenere fermo la canna da pesca, però poi quando arrivano le scene in cui si aspetta, in silenzio, in attesa che abbocchi un pesce, bè.. lì si che è davvero dura!!
Quindi è quella la parte più difficile nel disegno di un manga!
Per creare una storia si deve mettere tutte le proprie energie nella creazione di una buona trama, una volta poi che si arriva al culmine della vicenda, il resto diventa solo questione di finirlo disegnando sino all’ultima scena. Questa poi è la parte più facile e divertente. Nel fare un manga, in realtà si ripete sempre questo procedimento.
Intervista tratta dal libro Draw Your Own Manga – All The Basics
Traduzione: Sakura Miko
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