La storia delle Tre Insegne Regie è, ovviamente, lunga e complessa. In ultima analisi le loro origini si perdono nel mito, sottraendosi quindi a ogni verifica. Il gioiello (o i gioielli, forse una collana di quelle pietre semipreziose a forma di grossa virgola note col nome di magatama, “pietre curve”), e lo specchio, ci riportano a una delle scene madri della mitologia isolana, quella a cui la Dea Solare, offesa per gli spregi e dispetti compiuti dall’impetuoso fratello Susanowo, si rinchiude in una grotta, serrandovisi dentro con una porta di roccia (secondo alcuni, ricordo di una eclisse totale di sole).
Gli altri dèi, impauriti dal buio disceso sul mondo, cercano d’attrarre l’attenzione della diva offesa aprendo un tantino il portale di sasso e mostrandole uno specchio e una collana di gioielli magatama. La gran dea saggia e materna ha un istante di debolezza, di curiosità tutta femminile, ed esce; la luce ritorna sul mondo (Kojiki, I, 14).
Il fratello Susanowo viene spedito in esilio nelle terre d’Izumo, dove, tra varie altre avventure, uccide un mostruoso drago dalle otto teste; nella coda della belva scopre una spada miracolosa, di cui poi farà dono alla sorella. I Tre Tesori sono al completo; Amaterasu li consegnerà al nipote Ninigi no Mikoto, quando questi scenderà sulla terra, ponendo piede sul monte Takachiho, in Kyuushuu.
Ormai siamo passati dal piano degli dèi a quello degli esseri umani. La mitologia sfuma in preistoria. Il nipote di Ninigi sarà quel re Kamu Yamato che si favoleggia fondasse lo stato giapponese, e che molti secoli più tardi verrà deificato col nome di Jimnu (“Divino Guerriero”). Tout se tient, come dicono i francesi, la santa favola, gli oggetti sacri, la preistoria, la storia, su su fino alla cronaca d’un recente evento quasi mondano; gli intrecci prodigiosi circondano il Tennou come un alone.
È stato più volte osservato che il Senso, nella sua apparente semplicità casalinga, ha certe caratteristiche che lo rendono momento d’importanza addirittura fondamentale nell’intero ciclo d’eventi coi quali si cresima un nuovo sovrano giapponese. Come vedremo tra poco, dal sacerrimo e misterioso Daijousai si può anche fare a meno, pur entrando a far parte con pieno titolo nel novero storico dei Tennou. Ma in un caso almeno, quello già citato del piccolo Kanenari (anni quattro), che fu sul trono brevemente nel 1221, non fu possibile compiere il Sokuirei.
Bastò tuttavia che fosse stato compiuto il Senso perché restasse aureolato del sigillo necessario a un autentico Tennou – anche se il riconoscimento ufficiale ebbe luogo secoli dopo, nel 1870, contemporaneamente all’imposizione del nome postumo di Chuukyou. Insomma essere Tennou, in ultima analisi, significa e significò nei secoli, possedere i “Tre Divini Strumenti”, poterne disporre.
Non per nulla la perdita in mare della sacra spada, avvenuta durante la battaglia navale di Danno-Ura (1185), fu considerata una tragedia nazionale. Meglio perderla agli elemento però che venirne privata dai nemici!
Dal 1190 al 1210 si fece uso di un’altra spada delle collezioni reali, dal 1210 a oggi si considera sacra una spada molto antica dalle collezioni del Santuario di Ise. Durante le varie battaglie di successione tra due rami della famiglia sovrana (1336-1396, con postumi fino al 1434), epoca nota col nome di Namboku-chou (“Corti del Sud e del Nord”), alcuni dei più sanguinosi e feroci scontri militari ebbero luogo proprio per entrare, o rientrare, in possesso dei Tesori, o almeno di una parte di essi.
La cronaca delle vicende è lunga e complicata, in parte romanzesca, e può venir seguita nelle pagine delle maggiori storie del Giappone.
Fonte: Estratto tratto dal libro L’Agape Celeste scritto da Fosco Maraini ed edito da Luni Editrice.
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