Compiuto il Sokuirei, dopo un lasso variabile di tempo, che nel 1990 fu di dieci giorni, ha luogo il rito più singolare e misterioso nell’intero ciclo di consacrazioni del nuovo Tennou, cioè il Daijousai. La storia sembra indicarci che dei tre riti fondamentali – Senso, Sokuirei, Daijousai – il primo sia assolutamente essenziale per un riconoscimento pieno del nuovo Tennou, il secondo importantissimo, benché in un caso almeno si sia riconosciuta valida la successione senza il suo compimento, mentre il terzo può ritenersi una sorta di laurea suprema, di cresima squisita, di cui però è possibile, per le stagioni più diverse, fare a meno.
Qualcuno ha compiuto il calcolo che, sui 125 sovrani giapponesi tra leggendari e storici che si sono succeduti nel tempo, solo 72 abbiano sicuramente compiuto il Daijousai. La sospensione più vistosa del Daijousai la si ebbe dopo i riti di consacrazione del Tennou Gotsuchimikado, compiuti negli anni 1476 e seguenti. Da quel periodo in poi, prima a causa della guerra civile di Ounin (Ounin no Ran), che durò undici anni devastando Kyoto e dintorni, poi con il confuso periodo di disordini estesi a quasi tutto il Giappone, che si protrasse si può ben dire fino al 1600, la dinastia dei Tennou conobbe un’era lunghissima di grave crisi, di quasi totale eclissi nella vita politica del paese.
Evidentemente il Daijousai, che richiede notevoli preparativi e coinvolge molte persone, fu ritenuto un lusso superfluo e ripetutamente rimandato, poi omesso. […] Soltanto dopo il 1600, con la riunificazione completa del paese apportata dalle armi e dal genio di Tokugawa Ieyasu (1542-1616), con la conseguente pax Tokugawa che dominò il panorama civile giapponese per oltre due secoli, col lento riassetto di tutte le istituzioni, la dinastia dei Tennou poté ritrovare un suo posto assai limitato, ma preciso, nel quadro generale della vita nazionale.
Nel 1696, coi riti di consacrazione del Tennou Higashiyama, fu deciso di riesumare l’arcaico e mistico Daijousai. In seguito vi fu un’altra interruzione d’una quarantina d’anni, e si dové attendere fino al 1738, quando venne consacrato il Tennou Sakuramachi (1735-1747), perché il Daijousai tornasse a far parte regolare del ciclo completo di riti nella successione dei sovrani giapponesi.
È indubbio che queste lunghe sospensioni – 220 anni nel primo caso, 42 nel secondo – abbiano esercitato un’influenza nefasta sulla conoscenza approfondita e sulla trasmissione completa del rito. Documenti scritti e illustrati sul Daijousai vennero composti fin dai tempi assai remoti. Molti particolari, per esempio, si trovano già nel Jougan-Shiki (“Cerimoniali dell’Era Jougan”) dell’872.
Una messe ancor più ricca d’informazioni ci viene presentata nel libro VII dell’opera Engi-Shiki (“Cerimoniali dell’Era Engi”), terminata nel 927, dovuta ai fratelli Fujiwara Tokihira e Tadahira. Eppure, come avviene in tante altre opere giapponesi del genere, se gli autori si dilungano con precisione da certosini sui particolari materiali e liturgici d’ogni rito, poi tacciono quasi del tutto sui motivi di fondo, sui significati veri, sulle simbologie esoteriche e sottili che sorreggono l’insieme e lo giustificano.
Fonte: Estratto tratto dal libro L’Agape Celeste scritto da Fosco Maraini ed edito da Luni Editrice.
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