Il vocabolo Kawaii, una delle parole più ricorrenti nel lessico dei giovani giapponesi, deriva dal termine Kawayushi, apparso per la prima volta nei dizionari nipponici dopo la Seconda Guerra Mondiale e tramutato negli anni Settanta in Kawayui.
Kawaii è una parola dal significato difficilmente traducibile: in italiano si potrebbe esprimere con “carino”:
“Kawaii è tutto ciò che finisce in “-ino”, che è infantile, asessuato, dolce, indifeso, che è oggetto di coccole: i personaggi dei fumetti, gli animaletti, i Puffi, le bambole, Mickey Mouse, i cuoricini. [Alessandro Gomarasca – Luca Valtorta, Sol Mutante. Mode, giovani e umori nel Giappone contemporaneo].
Questo fenomeno, spesso considerato in maniera erronea solo come il prodotto di una società consumistica, è in realtà una vera e propria cultura, uno stile di vita che racchiude parole, atteggiamenti, abbigliamento e addirittura un nuovo stile di scrittura.
La studiosa inglese Sharon Kinsella sostiene che la nascita del termine moderno Kawaii coinciderebbe proprio con la nascita e la rapida diffusione, negli anni Settanta, di un nuovo tipo di scrittura adottato da quelle che vengono definite Shoujo, ovvero ragazze adolescenti e presto divenuto di utilizzo comune (cfr. Gabriele Rossetti, Japan Underground).
Si stima che, nel 1985, circa cinque milioni di giovani utilizzassero questa nuova scrittura dai caratteri infantili e tondeggianti, adornata di stelline, cuoricine e faccine, che si differenzia dalla scrittura tradizionale anche per la direzione, non più verticale ma orizzontale. Il Kawaii, dunque, ha origine nella tradizione estetica giapponese rivisitata in chiave contemporanea. Da questo concetto nascono oggetti e accessori di usanza comune reinterpretati seguendo questa nuova iconografia.
Fu la Sanrio, società giapponese fondata nel 1960 da Shintarou Tsuji e conosciuta in tutto il mondo per le sue creazioni, nel 1971 a proporre per la prima volta sul mercato oggetti di design dai caratteri kawaii, esponendo immagini di eroi dei manga e degli anime (rispettivamente, i fumetti e i disegni animati nipponici) su ogni articolo, abito e prodotto, a partire da semplici borsette per arrivare a profilattici e giocattoli erotici raffiguranti Hello Kitty, il personaggio più famoso della famiglia Sanrio: una buffa gattina bianca dai caratteri minimali, con un fiocco rosso sull’orecchio sinistro, piccoli occhi e naso neri, a cui manca la bocca.
Oggi il Kawaii in Giappone è presente ovunque, non è più destinato solo alle shoujo. Basti pensare che la compagnia aerea All Nippon Airways negli anni scorsi ha speso circa un milione di euro per decorare tre suoi Boeing 747 con i protagonisti dei Pokémon, o alla Eva Air che, in collaborazione con la Sanrio, nel 2005 ha convertito alcuni dei suoi aerei in veri santuari di Hello Kitty con tovagliette a tema, sacchetti per il mal d’aria firmati e assistenti di volo con grembiulini rosa con il musetto della gattina; o che ormai abitualmente i cartelli e i segnali d’avviso per la strada, nelle stazioni e nei negozi riportano le scritte accompagnate da simpatici personaggi disegnati in stile manga.
“Una volta una giapponese mi disse che, se l’Italia era il Paese del Bello, allora il Giappone era il Paese del Kawaii: immagini e idee caratterizzate da una sensibilità tenera, infantile, che per alcuni sono nel contempo strumenti di protesta sociale”.
Fonte: Estratto tratto dal libro “Kawaii Art – Fiori, Colori, Palloncini (e Manga) nel Neo Pop Giapponese di Valentina Testa ed edito da Tunué
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