La sconfitta nella guerra del Pacifico costituisce un evento spartiacque per il Giappone del XX secolo. La ricostruzione del Paese sotto la guida del generale americano MacArthur ebbe come principali obiettivi l’instaurazione di un governo che desse garanzie democratiche e la demilitarizzazione del Paese.
Questi risultati furono raggiunti attraverso riforme in campo economico (legge sui sindacati, riforma agraria, riforma del diritto societario), riforma dell’istruzione, la riforma del diritto di famiglia e la separazione tra la religione Shintou e lo Stato. Strumenti di queste riforme furono leggi ad hoc, modifiche al codice civile o al codice di commercio, e soprattutto la Costituzione “pacifista” del 1947.
La vicenda che portò all’adozione della Costituzione giapponese è probabilmente il più importante tra gli esempi recenti dell’influsso del diritto occidentale sul sistema giuridico giapponese.
Scritta in inglese da un comitato in seno ai Quartieri Generali delle Forze Alleate, fu presentata al governo giapponese nel febbraio 1946. Le parole del Generale Whitney che invitavano il ministro Matsumoto a tradurre e promulgare la bozza nel più breve tempo possibile, “Capisco che possa essere necessario un giorno o due, ma non bisogna dilungarsi per più giorni”, ricordano quelle che meno di un secolo prima Etou Shinpei aveva rivolto a Mitsukuri. In questo caso però i progressi fatti dalla scienza giuridica giapponese resero il processo di traduzione della bozza effettivamente veloce.
La costituzione vigente, a differenza della Costituzione Meiji, è scritta in kanji e hiragana, non vi sono caratteri particolarmente complessi e sono presenti segni di interpunzione; lo stile che ne risulta è colloquiale, e leggibile da tutti.
La legislazione successiva ha seguito questa scelta, sia per ragioni legate all’accessibilità da parte dei cittadini, sia per la stessa gerarchia delle fonti: quasi come si trattasse di un rapporto tra persone in carne ed ossa, una legge ordinaria che adottasse un linguaggio più formale peccherebbe in un certo senso di impertinenza nei confronti della legge suprema del Paese.
Il codice civile in vigore è formalmente ancora quello adottato nel 1898, anche se, come accennato in precedenza, sono intervenute diverse riforme. Alcune di esse hanno operato modifiche assai lievi al livello di diritto sostanziale, ma sono intervenute soprattutto sul linguaggio, riscrivendo le disposizioni in una lingua più moderna. L’ultima di queste modifiche è intervenuta nel 2005.
Per quanto riguarda più in generale la terminologia giuridica contemporanea, rimane forte l’influenza delle lingue occidentali. Essa si esprime naturalmente attraverso le parole del gairaigo; ad un esame di un dizionario giuridico monolingue contemporaneo, gli esempi notevoli di prestiti e vocaboli misti trovati alle lettere あ (A) e い (I) sono stati ア カ セ ス 権 akusesu-ken (diritto d’accesso), イ ニ シ ア チ ブ inishiatibu (iniziativa popolare), イ ン カ メ ラ 審 理 inkamera-shinri e イ ン カ メ ラ 哲好 き 手 続 inkamera-tetsuzuki (udienza e procedura a porte chiuse), イ ン フ ォ ― マ ド ・ コ ン セ ン ト infoomado-consento (consenso informato),イ ン ボ イ ス inboisu (fattura).
Un caso particolare, rivelatore dell’influenza dei modelli stranieri anche al livello terminologico, è dato da イ ン ミ ッ シ オ ン inmisshion (immissioni), usato principalmente dai giuristi di scuola tedesca: gli studiosi che guardano all’esperienza di common law utilizzeranno ニ ュ ー サ ン ス nyuusansu.
Tratto dal libro “Trattato di Diritto Comparato” diretto da Rodolfo Sacco – “Diritto dell’Asia Orientale” di Gianmaria Ajani, Andrea Serafino e Marina Timoteo, con la collaborazione di Chen Han, Andrea Ortolani e Piercarlo Rossi
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