Ayu no shioyaki significa letteralmente ayu (il nome del pesce) “arrostito al sale”.
Conosciuto anche come “regina dei flussi di acqua dolce”, l’ayu è così tipicamente giapponese quanto lo sono i fiori di ciliegio. Rappresenta un classico cibo estivo, legato alla pace e all’energia dei fiumi, e basta la parola ayu per evocare pensieri nostalgici in molti giapponesi.
Specie analoghe si trovano in Europa e negli Stati Uniti, ma l’unico habitat del Plecoglossus altivelis è all’interno e intorno all’arcipelago giapponese. Il ciclo di vita di questo pesce è molto breve, da qui l’antico nome: “pesce-anno”, nen-gyo.
La tecnica caratteristica con cui si pesca, chiamata tomo-zuri, sembra sia stata sviluppata vicino a Kyoto circa trecento anni fa, durante il periodo Edo (1603-1868). Si tratta di una pratica che sfrutta la territorialità dell’ayu e che usa come esca un altro piccolo pesce. Un secondo metodo tradizionale di cattura impiega i cormorani, e si ha documentazione di ayu pescati in questo modo su fiume Katsura (vicino a Kyoto) presentati ai banchetti della corte imperiale.
Tuttora gli ayu catturati con questo metodo sul fiume Nagara (nella prefettura di Gifu) sono serviti all’imperatore. Oggi la pratica della pesca con il cormorano prospera come industria turistica, e ai turisti è permesso assistere da barche coperte che accompagnano quella dei pescatori.
Fonte: Estratto tratto dal libro The Sushi Game – Guida Banzai alla cucina giapponese di Francesca Scotti e Alessandro Mininno
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