Il periodo Asuka, il principe Shoutoku e i primi templi buddhisti in Giappone
La nuova imperatrice lasciò interamente il governo del paese al nipote, il principe Shoutoku (Shoutoku Taishi, 574-622), che, secondo la tradizione, fu istruito da due monaci coreani, Eji dello stato di Kokoryou, ed Esou dello stato di Kudara, e divenne un devoto buddhista.
Oltre a favorire la crescita della nuova religione, Shoutoku compilò una Costituzione in diciassette articoli che doveva regolare la vita dello stato secondo princìpi nuovi, e dove si nota facilmente l’influsso del buddhismo e del confucianesimo. A lui sono anche attribuiti tre commentari su tre sutra buddhisti, probabilmente le prime opere sul buddhismo prodotte in Giappone.
Essi sono i commentari sul Sutra della Regina Srimala-Devi-Simhanada (in giapponese: Shouman-kyou), che presenta un ideale femminile sul sutra Yuima-kyo, che presenta l’ideale dell’uomo politico e sul sutra Myouhou-renge-kyo, nel quale Sakyamuni viene presentato come l’oggetto supremo della devozione e fedeltà al buddhismo. A questa dottrina doveva ispirarsi la vita religiosa e sociale del popolo giapponese.
Inoltre, secondo la tradizione, il principe Shoutoku fece costruire vari templi buddhisti come lo Shitennouji (587), il Houkoji (588, trasferito poi a Nara con il nome di Gangouji nel 716 e chiamato anche Asuka-dera), il Houryuuji (607, chiamato anche Okagura-dera), che ancora al giorno d’oggi contengono moltissimi tesori di arte buddhista e sono la meta di continue visite da parte della popolazione.
Lo Shitennouji, il tempio dedicato ai quattro santi re che presiedono il mondo del desiderio, e proteggono i continenti dell’Est, del Sud, di Occidente e del Settentrione, fu eretto da Shoutoku per celebrare la vittoria sulla famiglia Mononobe. Questi santi re furono dichiarati protettori del Giappone, e il loro culto si diffuse sia alla corte che fra i nobili.
Nel Houkouji, l’oggetto di venerazione è il Buddha Sakyamuni, e nel Houryuuji, costruito per ottenere la salute dell’imperatore Youmei, che però morì nel 587, viene venerato il Buddha della medicina, Yakushi Nyorai. I tesori d’arte contenuti in questi templi dimostrano chiaramente che il buddhismo giapponese, fin dagli inizi, era entrato nell’anima e nella cultura del paese.
Secondo un documento dell’anno 624, in questo periodo il buddhismo si sviluppò e crebbe fino al punto che esistevano a quel tempo, in Giappone, 46 templi buddhisti, in cui vivevano 816 monaci e 569 monache. Una tale protezione del buddhismo da parte dell’autorità imperiale, se da un lato favoriva l’affermarsi e la crescita del buddhismo, dall’altro poneva la nuova religione sotto l’autorità della casa imperiale e della burocrazia statale e, necessariamente, accanto allo shintoismo, o forse anche al di sotto di esso.
L’ideale del principe Shoutoku era, infatti, la formazione di una Costituzione nella quale si unissero, al tempo stesso, la prosperità dello stato giapponese e una religione (il buddhismo) che facilitasse tale prosperità. In questo sforzo il principe si ispirò alle istituzioni culturali, politiche, sociali e religiose della Cina. Parte di tali costituzioni era il buddhismo e, senza dubbio, Shoutoku fu un fervente buddhista. Purtroppo la morte lo raggiunse quando era ancora relativamente giovane.
Pratiche e Rituali del Buddhismo nel periodo Asuka
La vita spirituale del buddhismo di questo periodo riflette una religiosità che mira ad ottenere favori e benefici specialmente materiali. Così si dava molta importanza alle guarigioni che potevano ottenersi pregando il Buddha chiamato in giapponese Yaku-ou, il Buddha della medicina, che a volte sembra identificarsi con Sakyamuni.
Frequenti erano anche i riti diretti a liberarsi dai peccati commessi, intesi come cause di malattie corporali. I riti più comuni erani i Keka, una confessione di peccati davanti ai tre Tesori buddhisti (San’pou: il Buddha, la Dottrina e la Comunità dei Monaci); Ango, ossia i ritiri, o prediche tenute specialmente dai monaci nei palazzi dei nobili o anche a corte e Hojou, ossia la messa in libertà di uccelli o altri animali selvatici, un simbolo di liberazione dai peccati. Pratica frequente era anche il Sai-e, ossia l’astinenza da cibi prelibati, specialmente da carne, limitandosi a pasti vegetariani.
Tratto dal libro Storia delle Religioni – Cina- Estremo Oriente
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