Quando il Buddhismo giunse in Giappone
La data ufficiale dell’introduzione del Buddhismo in Giappone è, secondo il Nihonshoki, il 552. Una missione da parte del re Seimei (Syong-Myong) del regno coreano di Packche (Kudara) venne in Giappone a chiedere aiuti per difendersi contro i regni di Silla e Koguryou che volevano invadere il suo territorio. I messi coreani portarono con sè in dono alla corte giapponese una statua del Buddha e alcune scritture buddhiste in lingua cinese. Nella sua lettera di accompagnamento il re Seimei affermava che il buddhismo era una religione eccelsa che avrebbe portato molto beneficio al Giappone.
Scavi archeologici, però sembrano indicare che manufatti fossero già stati introdotti in Giappone prima della data ufficiale. Sono stati trovati tondi (in giapponese “specchi”, kyou, kagami) di bronzo con bassorilievi di Buddha e animali che risalirebbero a una data precedente a quella ufficiale. Inoltre nel libro storico Fusouryakki si legge della venuta e dell’attività missionaria in Giappone di un monaco di origine cinese, chiamato in giapponese Shiba Tatto, che avrebbe predicato la dottrina buddhista nel 522.
L’accoglienza da parte giapponese non fu pacifica. Le difficoltà incontrate dalla nuova religione erano dovute alla rivalità delle diverse famiglie influenti. Mentre la famiglia Soga (corrente progressista) accettò con piacere l’avvento della nuova religione e ottenne il permesso da parte dell’imperatore Kinmei (dal 531 al 571), di edificare una cappella nel suo palazzo per accogliere la statua del Buddha e i sutra inviati all’imperatore giapponese dalla corte di Paekche, contraria alla venuta di questa nuova religione si dichiarò la famiglia Mononobe, che rappresentava la classe militare e conservatrice del paese: la sua opposizione era fondata sul timore che gli dei shintoisti (cioè della religione di stato giapponese) non avrebbero gradito la concorrenza della nuova religione e avrebbero punito la corte e il paese.
Dopo varie trattative, Soga no Umako ottenne il permesso dall’imperatore Bidatsu (regno 572-585) di erigere una cappella nel suo palazzo, dove fu posta l’immagine del Buddha e dove fu anche iniziata la lettura dei sutra. Sfortunatamente proprio in quel tempo scoppiò un’epidemia, e i Mononobe persuasero le autorità a gettare l’immagine del Buddha nel canale Naniwa e a distruggere la cappella, sotto il pretesto che gli dei shintoisti si erano adirati contro il paese.
La rivalità fra le due famiglie portò finalmente alla distruzione dei Mononobe da parte dei Soga nel 587, dopo la morte dell’imperatore Yuumei (dal 585 al 587), figlio di una principessa Soga, il primo imperatore che si professò buddhista. Il suo successore, l’imperatore Sujun, fu eletto con l’appoggio della famiglia Mononobe, ma il suo regno non durò a lungo; fu ucciso (592) in una congiura organizzata da Soga no Umako, che lo sostituì con l’imperatrice Suiko (dal 592 al 628), figlia dell’imperatore Kinmei e di una principessa della famiglia Soga.
Tratto dal libro Storia delle Religioni – Cina- Estremo Oriente
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