Le prime Scuole
Il primo che sistematizzò un metodo di insegnamento e un modo per diffondere e insegnare il karate fu Sokon Matsumura (1809 – 1901). Guardia del corpo del re di Okinawa a soli vent’anni, ebbe modo durante i suoi svariati viaggi come delegato del re, di poter studiare il Kenpo cinese, affascinato in particolar modo dallo stile Shaolin.
Uno tra i più grandi esperti di lotta di Okinawa, eccellente lottatore nella disciplina del Kenjutsu e del Kenpo cinese, Matsumura fu colui che per primo cominciò a dare forma a delle scuole di karate raggruppando numerosi allievi. Siamo infatti già nel XX secolo e la necessità di pensare al Karate come un unico sistema comincia con gli anni a farsi sentire e Matsumura avverte ciò e, insieme ad altri maestri altrettanto carismatici, designò tre macro scuole:
- Shuri-te, l’arte di Matsumura
- Tomari-te, della città omonima
- Naha-te, ovvero la scuola cinese di Kume
Come si può notare, i nomi nacquero da una facile unione tra il nome della città di origine della scuola più l’aggiunta della parola Te (手), “mano”.
Il Naha-te è quella che mostrò una maggiore diffusione a partire dal 1879, quando Okinawa venne posta ufficialmente sotto il controllo del Giappone e la delegazione cinese decise di interrompere i rapporti con le isole Okinawa: senza più alcun legame con la madrepatria, se non meramente affettivo, gli abitanti cinesi che rimasero sull’isola non sentirono più il dovere di proteggere le loro forme e accettano di diffonderle più apertamente.
Personaggio importante che contribuì alla diffusione del Karate fu Kanryo Higaonna (1853 – 1916) che raccolse la loro eredità e trasmise gli insegnamenti del karate sino ad allora ereditati e conosciuti: si recò infatti in Cina per 15 anni al fine di apprenderne le arti marziali; poi tornò in patria dove fondò una scuola che chiamò Naha-te, in omaggio alle tecniche di Kume. Uno degli allievi di Higaonna, Chojun Miyagi, decise di emulare il maestro: si recò anche lui in territorio cinese a studiare e poi, tornato a casa, fondò la scuola del Goju-ryū che molto ha in comune con le discipline del sud della Cina.
Molti furono poi gli allievi che trasmisero il loro sapere contribuendo così non solo a formare la storia del karate ma di aiutarne anche la sua diffusione negli anni. Fondamentale in tutto questo fu, ad esempio, anche Anko Itosu. Quest’ultimo, uno tra i migliori allievi di Sokon Matsumura, viene ricordato per essere stato il primo grande modernizzatore del karate: apportò infatti molti cambiamenti alla disciplina eliminando le tecniche più pericolose contenute nei kata e permettendo una diffusione del karate in larga scala facendola introdurre come vera e propria materia scolastica in tutte le scuole, inserendola come ulteriore disciplina nell’ora di educazione fisica.
Questo momento fu fondamentale sia perché il Karate venne così offerto indistintamente a tutto il popolo, ma anche perché così portò ad una rilevante evoluzione nei metodi di insegnamento: le tecniche iniziarono ad essere insegnate non più da un maestro ad un singolo allievo, ma da un maestro ad una classe di dieci, venti, trenta ragazzi.
Inoltre Itosu – ma soprattutto i suoi discepoli Yabu e Hanashiro – decise di adottare il metodo europeo: ad ogni comando vocale corrispondeva una tecnica e la memorizzazione derivava dalla ripetizione. In tutte le palestre di arti marziali è ancora in uso, tutt’oggi, questo metodo.
La diffusione del Karate in Giappone
Le isole di Okinawa furono annesse ufficialmente al Giappone nel 1879. Prima di allora il Giappone non conosceva il karate anche se custodiva e tramandava con orgoglio gli insegnamenti delle proprie discipline di cui custodiva gelosamente i segreti. Nel 1921, tuttavia, il Principe Imperiale decise di recarsi in Europa facendo una breve sosta nelle Isole di Okinawa.
Il maestro Gichin Funakoshi (1868 – 1957) venne incaricato di organizzare una dimostrazione scolastica del karate: il Principe venne molto colpito dalle tecniche proposte, tanto da invitare il maestro Funakoshi a dare ulteriori dimostrazioni e presentare la disciplina al resto del Giappone.
L’incontro tra il Paese del Sol Levante e l’Arte della Mano Vuota avviene dunque nel 1922, a Kyoto, dove davanti una folla immensa di spettatori Funakoshi presentò il suo Karate.
Sino ad allora, non era assolutamente in uso il Karate-gi (空手着 o 空手衣), detto colloquialmente kimono, ma ci si allenava in semplici abiti comodi ma, in occasione di quella manifestazione, Funakoshi decise di prendere in prestito un kimono di Judo, di cui ne aveva apprezzato la foggia, e si esibì con quello indosso ed una cintura nera, visto che anche il sistema di colorazione delle cinture – corrispondenti ad un preciso grado – era un’invenzione dei judoka.
Il successo fu tale che la consacrazione del Karate come ulteriore arte marziale giapponese avvenne nello stesso anno in una manifestazione organizzata dal Maestro Jigoro Kano – fondatore del Judo – al Kodokan di Tokyo. Kano si offrì di aiutare Funakoshi nell’impresa di diffondere la sua arte in tutto il paese: Fukakoshi rifiutò perciò di tornare in patria per dedicarsi all’insegnamento della sua arte ma decise di restare per poter contribuire alla sua diffusione in tutto il Giappone.
Senza lavoro né reddito, fu costretto inizialmente a fare il portinaio in una scuola di Hondo, dove viveva anche Kano: iniziò la sua carriera da maestro insegnando nella sala conferenze dell’istituto ad un gruppo di pochi allievi. Nonostante l’apparente difficoltà iniziale la voce si sparse molto velocemente, al punto tale che il numero di allievi crebbe vertiginosamente. Molte scuole addirittura arrivarono a fondare vari club di karate, tutti pronti ad imparare la nuova disciplina.
Il Karate è stato fondamentale nelle scuole per la costruzione dei rapporti fra giapponesi. Era infatti uso che s’instaurasse un rapporto gerarchico fra allievi di grado differente, rapporto che continuava ad esserci anche dopo gli anni scolastici. Questa caratteristica – il rispetto per l’allievo superiore e il maestro, già ovviamente presente nella cultura nipponica, è stata tuttavia rinvigorita dal karate e poi trasmessa pressoché a tutte le arti marziali.
Articolo scritto da Pietro Calafiore per SakuraMagazine
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