Il 17 gennaio 1995 nella parte sud della prefettura di Hyougo, in Giappone, si verificò un fortissimo terremoto. Chiamato il “Grande terremoto di Kobe”, con un magnitudo di 6.8, causò in quel terribile giorno 6434 vittime.
I terremoti sappiamo non si possono prevedere, né quando si verificheranno né con quale intensità. Il terremoto di Kobe fu per il Giappone il primo terremoto di intensità così forte; dopo gli ingenti danni subiti, cittadini e specialisti persero ogni fiducia nella capacità di saper resistere ad un terremoto.
Il governo nazionale giapponese poi a quel tempo fu pesantemente criticato per non aver saputo prevenire tale tragedia, di non aver agito abbastanza rapidamente per salvare quante più vite possibili e di non aver saputo utilizzare in modo efficiente ed efficace i molti volontari che si erano offerti, anche da altre nazioni.
Se abbiamo però imparato a conoscere i giapponesi, sappiamo come i nostri amici nipponici non sono i tipi che si arrendono facilmente e la loro tenacia, il loro senso di responsabilità e intento a migliorarsi continuamente vengono sempre fuori, specie nelle situazioni più difficili.
Infatti dopo il terremoto di Kobe, i giapponesi riorganizzarono il corpo della Protezione Civile diversamente e iniziarono una completa svolta nella costruzione e messa in sicurezza dei propri edifici. Il Giappone pose dei supporti di gomma sotto i pilastri dei ponti ad esempio per assorbire le vibrazioni dei terremoti, gli edifici vennero ricostruiti separati tra di loro in modo da avere spazio per oscillare durante una scossa e misero in campo una nuova organizzazione, chiamata Ground Self Defence Forces (Forze di Autodifesa del Territorio) pronta ad intervenire in caso di terremoti di una certa intensità in modo repentino ed efficace e anche in piena autonomia.
In quell’occasione, in risposta agli enormi danni anche alle infrastrutture di trasporto il governo giapponese designò anche determinate strade e linee ferroviarie che vennero messe a norma con severissime norme antisismiche; stessa cosa accadde ai treni, regionali e shinkansen, che vennero creati seguendo norme antisismiche adeguate. Milioni di yen sono stati poi investiti anche nella ricostruzione di ricoveri e punti di raccolta antisismici nei parchi e luoghi pubblici delle città.
In Giappone poi ora è possibile trovare dei depositi di cibo e acqua di emergenza presso le stazioni di servizio e hanno nel tempo costituito dei sistemi di emergenza privati. Non mancano poi le adeguate misure di sicurezza nelle scuole dove, tra l’altro, è stata proprio istituita una “cultura del terremoto”: i bambini sin dalla tenera età vengono educati sul terremoto, su cosa sia e su come comportarsi nel modo giusto, con lezioni, simulazioni ed esercitazioni adeguate.
La storia purtroppo si ripete, e spesso si ripete nel modo peggiore. Non sempre impariamo dagli errori e da ciò che il tempo e la storia ci insegnano. Quanto è avvenuto il 24 agosto nel Centro Italia ha “scosso” tutti: la solidarietà e l’efficienza nei soccorsi e gli interventi repentini hanno dimostrato come nei momenti di difficoltà l’Italia sa essere forte e unita, purtroppo però rimane comunque l’amaro in bocca e il dubbio se si è mai veramente fatto qualcosa per prevenire o attutire i danni.
Purtroppo in Italia questo non è avvenuto. Il Giappone invece convive da sempre con i terremoti e la loro efficienza parte soprattutto dalla prevenzione: scuole, palazzi ed edifici pubblici sono dotati di manuali e documentazioni in caso di emergenza. Simulazioni e addestramenti per aumentare la possibilità di sopravvivenza sono all’ordine del giorno e dettagliate procedure di evacuazione sono a disposizione di ogni cittadino. Negozi, uffici, abitazioni poi (ma in genere ovunque) tutti sono dotati di kit di sopravvivenza.
Come già detto, i terremoti non si possono prevedere, ma si possono almeno prevenire, per subire il danno minore possibile. E’ indispensabile vigilare affinché vengano applicate rigide regole antisismiche che siano rispettate rigorosamente per un domani poter salvare il maggior numero di vite, beni, patrimoni e luoghi importanti per noi.
E’ indispensabile farlo per poter dire alla storia un domani che la lezione l’abbiamo imparata. E il Giappone in questo può essere il nostro esempio!
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