Spesso negli anni si sono sentiti accusare gli anime di essere diseducativi e dozzinali: in realtà hanno plasmato l’immaginario di più di una generazione, proponendo modelli tutt’altro che poco interessanti e permettendo anzi di creare un nuovo immaginario con cui confrontarsi.
Da queste premesse parte l’interessante studio di Gian Piero Grandi, psicologo e psicoterapeuta, collaboratore presso l’Istituto di Psicologia individuale A. Adler di Torino e specializzato in particolare nell’adolescenza.
Ne Gli anime come strumento di terapia l’autore parla di una fase fondamentale nello sviluppo della personalità dei bambini e degli adolescenti, cioè quando bisogna confrontarsi con i propri demoni istintuali, con il lato oscuro presente in ciascuno di noi. L’anime giapponese, oggi, offre storie che permettono di districarsi in questo caos, senza timori reverenziali, con una cultura dietro che offre un altro approccio, non strettamente manicheo e legato a schemi religiosi, al rapporto tra bene e male.
Gian Piero Grandi esamina a questo proposito tre anime e manga, un classico e due più moderni, che hanno avuto proprio al loro centro il rapporto tra bene e male, e cioè Devilman, Death Note e Claymore.
Il primo, Devilman, classico di Go Nagai ancora amatissimo oggi, racconta di un giovane che deve convivere con una mezza natura demoniaca, scegliendo poi di schierarsi dalla parte della giustizia, il tutto senza dimenticare invece il decisamente più dark manga e remake in OAV.
Articolo scritto da Elena Romanello per SakuraMagazine
Se volete leggere i libri scritti dalla nostra amica Elena Romanello della collana “I Love Anime” allora vi consiglio:
- Capitan Harlock. Avventure ai confini dell’Universo
- Candy Candy. «Eravamo tutte innamorate di Terence…»
- Sailor Moon. La bella ragazza guerriera
- Il mito di Lady Oscar (Hinomaru)
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