A quanto pare la CGI sta colonizzando il mondo dell’animazione nipponica, con l’insopprimibile desiderio di rifare i suoi classici, con risultati tra l’altro non sempre apprezzabili, come sembra essere il remake di Heidi, già contestato perché la protagonista sembra troppo magra e scheletrica rispetto a quella dell’anime anni Settanta (ma dove era grassa?).
In attesa di una trasmissione sulle nostre reti, neanche così attesa perché da quello che si vede il risultato è vagamente mediocre dalle prime immagini, non si può non ricordare l’altra Heidi, la vera Heidi, che segnò un’epoca e fu la prima protagonista dell’invasione degli anime giapponesi sulle nostre reti.
Innanzitutto va detto che Heidi non nasce come personaggio in Giappone, ma in Svizzera, nella seconda metà dell’Ottocento, grazie all’autrice e pedagogista Johanna Spyri, vissuta tra il 1827 e il 1901, autrice di vari libri a sfondo sociale con una particolare attenzione per la condizione femminile e dei bambini, amica personale tra gli altri di Richard Wagner, oggi nota solo per Heidi e forse è un peccato perché la sua produzione letteraria e culturale fu vastissima e attenta.
Prima dell’anime della Zuiyo, diventata poi Nippon Animation, Heidi aveva già avuto diversi adattamenti cinematografici, tra cui uno poco fedele negli anni Trenta con la diva bambina Shirley Temple: ma fu grazie al cartone animato, che vide al lavoro due maestri come Hayao Miyazaki e Isao Takahata, che la storia e la sua protagonista diventarono due icone dell’immaginario, facendo riscoprire il libro, di cui ci sono state diverse edizioni nel corso degli anni, in tutte le principali collane italiane di libri per ragazzi.
Il libro era letto e regalato anche prima del cartone animato, a differenza invece di Anna dai capelli rossi, che fu tradotto sull’onda dell’anime insieme agli altri romanzi di Lucy Maud Montgomery, ma è indubbio che la sua popolarità è aumentata a partire dagli anni Settanta del secolo scorso grazie all’adattamento televisivo, in ogni caso di gran qualità.
Nel cartone animato si alleggeriva volutamente la componente religiosa e sulla provvidenza, ormai un po’ datata, e esaltava invece tematiche come l’importanza della spontaneità e della fantasia, l’amore per la natura, l’amicizia, il potere dei bambini, tutte cose che rendono ancora oggi questo anime, ancora trasmesso in tv dopo quasi quarant’anni dal suo primo arrivo, un classico per tutte le età e che unisce più generazioni.
Heidi tra l’altro arrivò sulle reti Rai nel febbraio 1978, e fu il primo anime giapponese ad essere trasmesso ufficialmente, aprendo la strada a tutti gli altri e ad una passione e interesse che è cresciuto nel corso dei decenni fino ad arrivare ad oggi.
Il personaggio di Heidi ha ispirato poi altri sceneggiati e film, tra cui un seguito, La montagna del coraggio, in Svizzera una zona è stata nominata Heidiland e sono ricostruiti gli ambienti tenendo conto innanzitutto dell’anime e nel 2004 ci fu anche una delle mostre di maggiore successo del Museo della montagna di Torino, intitolata appunto Heidi un mito della montagna in cui si ricostruiva il percorso nell’immaginario di un personaggio che aveva già raccolto consensi prima ma che grazie agli anime è diventato immortale.
Detto questo, ma c’era davvero bisogno di un remake in computer graphic, tra l’altro abbastanza mediocre rispetto ad esempio al film di Capitan Harlock? Il personaggio di Heidi è popolarissimo di suo, grazie al cartone animato, ai vari film e alle varie uscite del libro (da segnalare un’edizione Vallardi anni Settanta con i disegni di Milo Manara), a chi può servire un rifacimento che non promette granché?
Nell’attesa o anche nella non attesa, conviene riprendere in mano la serie classica e magari rivederla, con qualche lacrimuccia e un po’ di nostalgia canaglia. Nei mercatini dell’usato si possono trovare gadget realizzati in italiano in tema, come una serie di albi a fumetti fatti in Occidente sui disegni giapponesi ma con la copertina originale, i libri AMZ con la novelisation dell’anime e il disco con la sigla di Elisabetta Viviani, ancora oggi cantata con cover e in gruppo a tante fiere del fumetto. Perché Heidi è un mito di per sé e non ha bisogno di ulteriori remake…
Recensione scritta da Elena Romanello per SakuraMagazine
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