I vari templi buddhisti (お 寺) e shintoisti (神 社) che adornano le città giapponesi più antiche come Kyoto, Nara e Kamakura sono affascinanti e esotici all’occhio occidentale, ma… in cosa si differenziano i luoghi di culto delle due principali religioni del Giappone, il buddhismo (Bukkyou 仏 教) e lo shintoismo (Shintou 神 道)?
Una grande differenza è nel colore: mentre gli O-tera non sono dipinti e conservano il colore originario del legno, i Jinja sono generalmente dipinti di rosso vermiglio.
Nei jinja vedremo un portale torii (鳥 居), che separa il mondo terreno da quello spirituale e marca l’ingresso nel territorio sacro, spesso sorvegliato da un fiero cane guardiano (狛 犬 Komainu) su ciascun lato.
Nei jinja si può andare per realizzare qualsiasi desiderio: successo professionale o nello studio, trovare un fidanzato/a, recuperare la salute… . Di fatto, la vendita di amuleti (お 守 り O-mamori) e di placche votive (絵 馬 Ema) su cui si scrivono i desideri perchè si realizzino, sono una fonte di entrate indispensabile. Spiccano anche gli Omikuji (御 神 籤 ), fogliettini che predicono il futuro e che si possono avere a modico prezzo.
Per entrare in un jinja bisogna prima purificarsi (lavandosi le mani e la bocca), far suonare una campana per avvisare gli dei (神 Kami) della nostra presenza, lanciare una moneta nella cassetta delle offerte (賽 銭 箱 Saisenbako), fare due inchini, battere le mani due volte, rifare l’inchino e infine pregare.
Gli Otera, invece, sono molto sobri all’apparenza. In essi potremo trovare splendide pagode (塔 Tou) ed enormi campane (鐘 Kane), e la gente accende incensi aromatici (お 香 Okou) per dedicarli al Buddha.
Esistono molte immagini buddhiste, tra le quali sono di particolare interesse le statue dei diversi Buddha (如 来 Niyorai), i Bodhisattva (菩 薩 Bosatsu), i 明王 Myouou (esseri feroci che proteggono gli insegnamenti del Buddha) e i 仁王 Niou, due grandi statue di guerrieri irati che fanno la guardia alle porte del tempio: uno (A) ha la bocca aperta e l’altro (Un) la tiene chiusa, simboleggiando le lettere iniziale e finale dell’alfabeto sanscrito, “a” e “Hum”, che unite rappresentano l’inizio e la fine di tutte le cose.
Tratto dal libro Il giapponese a Fumetti – Vol.3 di Marc Barnabè
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