Come molti studenti giapponesi sanno bene, sia principianti che veterani, la lingua giapponese è classificata come lingua SOV, ovvero come lingua che basa la struttura delle proprie frasi seguendo l’ordine “Soggetto-Oggetto-Verbo”.
Un’importante caratteristica del giapponese è quella di porre il verbo/aggettivo in qualità di predicato/copula alla fine della frase mentre il tema/soggetto all’inizio.
Fatta eccezione dunque per il tema della frase (accompagnato sempre dalla particella wa) e per il verbo, che hanno una loro posizione ben definita all’interno di una frase, il resto degli altri complementi possono essere posizionati più o meno liberamente.
Anche se diciamo “liberamente”, si tratta però pur sempre di una “libertà” vincolata perché il giapponese tiene in considerazione una regola molto importante: ciò che realmente conta va posizionato il più possibile vicino al verbo mentre le altre informazioni di “minore importanza” vanno enunciate tutte prima, anche se sempre dopo il tema.
Prendiamo ad esempio la frase:
花子さんは電車で東京に行きます
Hanako-san wa densha de Tokyo ni ikimasu
Hanako-san va a Tokyo in treno
Seguendo quanto detto prima, ciò che non può essere cambiata è la posizione del tema (Hanako-san wa) all’inizio dell’enunciato e il verbo (ikimasu) posto alla fine. Il complemento di moto a luogo (Tokyo ni) e il complemento di mezzo (densha de) invece hanno una flessibilità maggiore e possono anche essere scambiati di posto. Tutto dipende da cosa vogliamo enfatizzare, se il fatto che Hanako-san va a Tokyo o il fatto che ci va in treno.
Sembra qualcosa di strano da capire ma in fondo, se ci pensiamo bene, facciamo lo stesso ragionamento anche in italiano: siamo soliti cambiare posto alle parole per enfatizzarle meglio a seconda dei casi. Prendiamo in italiano la frase:
Oggi Anna è andata in biblioteca
La frase è abbastanza semplice e ci da un’informazione ben precisa. Proviamo ora a cambiare di posto alcuni elementi:
In biblioteca oggi è andata Anna
Più o meno la frase è la stessa però cambiando posizione notiamo come cambia anche il significato. Con la seconda frase è come se volessimo dire “per quanto riguarda la biblioteca, è Anna che ci è andata oggi”, implicando magari che in altri giorni ci è andato già qualcun altro.
Lo stesso ragionamento accade anche in giapponese: l’elemento che vogliamo evidenziare o meglio enfatizzare lo cambiamo di posto e lo avviciniamo al verbo.
Gli aggettivi
Altro elemento caratteristico della lingua giapponese da tenere in conto sono gli aggettivi che hanno, all’interno di una frase, una loro posizione ben precisa. Comportandosi similmente agli aggettivi inglesi, anche in giapponese si posizionano prima dell’elemento che qualificano.
赤い車
Akai kuruma
Macchina rossa
dove Akai (rossa) è l’aggettivo che qualifica Kuruma (macchina). Tuttavia però in giapponese consideriamo qualificatore non solo un aggettivo ma anche un intera frase che ovviamente, comportandosi come un aggettivo, si pone prima del sostantivo che qualifica:
花子さんが読んだ本
Hanako-san ga yonda hon
Il libro che ha letto Hanako-san
dove Hon (libro) è il sostantivo qualificato dalla frase Hanako-san ga yonda, frase che lo qualifica e che in italiano viene resa con quella che definiamo “frase relativa”.
Note: Da tenere bene a mente che in una frase relativa (o subordinata che sia) il verbo va sempre in forma piana (Yonda nel nostro caso), passato o presente che sia, e il soggetto sempre accompagnato da Ga (Hanako-san ga).
Continuando ancora a parlare di aggettivi, se l’aggettivo viene posto in qualità predicativa e quindi si comporta come un verbo, si pone alla fine della frase:
花子さんはかわいいです
Hanako-san wa kawaii desu
Hanako-san è carina花子さんは元気です
Hanako-san wa genki desu
Hanako-san è in salute/sta bene
In questi due esempi vediamo due tipi di predicati aggettivali, uno con un aggettivo in -i (kawaii) e uno con un aggettivo in -na (genki na). Avremmo anche potuto coniugarli al negativo, al passato, al passato negativo ma la loro posizione, in qualità di predicato, non sarebbe cambiata.
Concludiamo infine con un dubbio che spesso tormenta molti studenti: dove posizionare i contatori?
Prendiamo la frase:
この町には学校が三つある/あります
Kono machi ni wa gakkou ga mittsu aru/arimasu
Questa città ha tre scuole / In questa città ci sono tre scuole
Analizziamo ora la frase: innanzitutto abbiamo un complemento di stato in luogo qui in qualità anche di tema della frase (ebbene sì, in giapponese qualsiasi complemento può diventare tema della frase, e non soltanto quello che poi consideriamo come soggetto in italiano, quindi, attenzione!).
Abbiamo poi “gakkou ga”, il soggetto della frase (accompagnato dalla particella Ga, retta tra l’altro dal verbo di esistenza Aru/Arimasu).
Ma veniamo ora al nostro punto di domanda: il contatore “Mittsu”. Possiamo posizionare un contatore in due modi:
- Gakkou ga mittsu arimasu (come nell’esempio di prima)
- Mittsu no gakkou ga arimasu
Differenza?
Possiamo usarli entrambi perché sono entrambi corretti; la differenza sta nel fatto che nell’esempio 1) si da maggiore enfasi a Gakkou (alla scuola) mentre nell’esempio 2) si da maggiore enfasi a Mittsu (cioè al fatto che sono tre).
Possiamo quindi dedurre ancora una volta che, tema e verbo a parte, per il resto gli altri elementi della frase (avverbi, contatori o complementi che siano) hanno posizioni di “convenienza”: per convenzione o per preferenza si scelgono posizioni che spesso esempi e frasi di routine ci insegnano (il complemento oggetto ad esempio lo posizioniamo sempre vicino al verbo perché è quell’elemento che subisce in modo diretto l’azione di un verbo); nulla però vieta che alcuni elementi possono essere cambiati di posto se cambia anche la necessità di enfatizzare una parte della frase rispetto ad un’altra.
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