Nel suo libro “Making Sense of Japanese: What the textbook don’t tell you, il traduttore e studioso Jay Rubin osserva come il linguaggio giapponese “funziona al contrario”.
Quando dice questo, Rubin non si riferisce al 縦書き Tategaki (la scrittura tradizionale in verticale dall’alto verso il basso) o al 右縦書き Migi-tategaki (la scrittura tradizionale da destra verso sinistra). Si è vero, si tratta comunque di “andare al contrario” rispetto al 横書き Yokogaki (cioè al nostro modo di scrivere in occidente) ed è oltremodo vero che il giapponese usa tutti e tre gli stili insieme più di quanto possiate pensare.
I 教科書 kyoukasho (i libri di testo), specie quelli che parlano di scienza, sono spesso scritti secondo lo stile yokogaki. Se state leggendo sul ネット “netto” (internet) è probabile che anche lì sia usato lo stile yokogaki.
I lettori giapponesi si sono spesso lamentati perchè il mischiare insieme due stili sulla stessa pagina web o su un documento provoca come risultato il famoso effetto “目が疲れる me ga tsukareru” (occhi stanchi).
Anche gli occidentali sperimentano lo stesso risultato quando leggono per la prima volta qualcosa secondo lo stile yokogaki; una volta però che si saranno allenati a sufficienza leggendo vari 文庫本 bunkobon poi si abitueranno. E’ una questione di pazienza.
Dunque, “l’andare al contrario” di cui parla Rubin riguarda in realtà della posizione del verbo nella frase giapponese. Come già saprete l’ordine delle parole in una frase occidentale è 主語 Shugo (Soggetto)- 動詞 Doushi (Verbo)- 目的語 Mokutekigo (Oggetto); in giapponese invece l’ordine è Shugo-Mokutekigo-Doushi, dove spesso il soggetto-tema viene anche omesso del tutto, quindi il verbo viene posizionato “al contrario”, alla fine.
Rubin prende come esempio il teatro kabuki che parte proprio dalla posizione del verbo per costruire la suspance di una scena e mantenere in piedi tutto il dramma. Riuscirà il fantasma a portare a termine la sua vendetta o no? Non lo sappiamo sino a che non verrà scandita l’ultima sillaba del verbo posto alla fine.
Un attuale maestro di questo è Shinichi Hatori, il presentatore della popolare trasmissione televisiva sul cibo intitolata “Guru-nai”. Lo show è anche chiamato “ゴチ Gochi”, che sarebbe l’abbreviazione di “ごちになる Gochi ni naru” (Grazie per la cena).
I partecipanti al programma sono guidati dal duo comico Ninety-nine (Takashi Okamura e Hiroyuki Yabe) a ordinare piatti da ristorante di alta qualità. L’obiettivo del gioco è quello di mantenere il costo totale del loro pasto il più possibile vicino al prezzo limite stabilito in partenza.
Se il partecipante raggiunge il numero esatto, il programma assegna una considerevole somma (million-yen ピタリ償 pittari shou – il prezzo perfetto): il modo di dire gioca sulla parola ” ぴったり pittari” che significa proprio “stare bene insieme, abbinarsi perfettamente”.
Nella maggior parte delle volte i partecipanti non riescono a raggiungere il prezzo esatto, ma il presentatore Hatori la tira ugualmente per le lunghe e prima di annunciare il risultato, lo fa iniziando a scandire lentamente la frase di rito e lasciando aspettare prima di dire finalmente il verbo finale che annuncia il risultato:
ゴチ9、二回目のピタリ償が、湘南の海の前で、ピタリ償が、何と、何と、出ませんでした
Gochi 9, nikaime no pittari shou ga, shounan no umi no mae de, pittari shou ga, nanto, nanto…. demasen deshita!
(Il secondo “pittari shou” di Gochi – Serie 9, qui sulle rive dello Shounan…. incredibilmente… miracolosamente….. il pittari shou…. non è apparso!)
Come potete vedere, il presentatore reintroduce per la seconda volta nella frase il soggetto (pittari shou) accompagnato e messo in evidenza dalla particella Ga per aggiungere ulteriore suspance e fa uso del bellissimo avverbio 何と Nanto, che può essere messo davanti quasi a qualsiasi verbo o aggettivo per enfatizzare ulteriormente un momento di eccitazione o delusione.
Questa caratteristica ” a ritroso” spesso rende il giapponese scritto difficile da capire subito perché bisogna tenere a mente il significato dell’intera frase aspettando poi di arrivare al verbo finale per dare un senso a tutto il messaggio.
Se vi trovate davvero davanti a questa difficoltà, un consiglio è quello di saltare prima direttamente al verbo finale posto alla fine della frase perché è proprio lì che lo scrittore avrà sicuramente posizionato il verbo, e quindi anche la frase principale o meglio ancora il centro di tutto il discorso.
Una volta individuata la parte principale, procedete poi all’indietro, aggiungendo alla frase principale tutti gli altri elementi. Prendiamo, per esempio, una frase pronunciata dal primo ministro Shinzo Abe, durante un discorso tenuto sull’economia:
デフレから脱却し、経済を成長させ、国民生活を豊かにするためには、たとえ困難な道であろうとも、この道しかありません
Defure kara dakkyakushi, keizai wo seichou sase, kokumin seikatsu wo yutaka ni suru tame ni wa, tatoe konnan na michi de arou to mo, kono michi shika arimasen
Se noi proviamo a saltare direttamente alla parte finale del discorso, possiamo notare il verbo principale unito alla particella Shika che significa “la sola alternativa, nient’altro che”. Quindi avremo:
Kono michi shika arimasen: non c’è altra strada che questa
Tornando indietro all’inizio della frase possiamo vedere come Abe illustra i difficili passi che il Giappone deve fare, elencati tutti prima di “tame ni wa” (per, a favore di, a vantaggio di): liberarsi dalla deflazione (defure kara dakkyakushi), far crescere l’economia (keizai wo seichou sase) e arricchire la vita della popolazione (kokumin seikatsu wo yutaka ni suru). Quindi riepilogando tradurremo il messaggio di Abe con:
Per liberarci dalla deflazione, far crescere l’economia e arricchire la vita della popolazione, questa è l’unica strada che abbiamo.
C’è però ancora un’ultima frase del discorso ancora da capire. Abe sarebbe arrivato subito al punto finale, al succo del discorso troppo velocemente, quindi ha aggiunto un breve commento tra parentesi che da maggiore enfasi drammatica e descrive ulteriormente quell’unica strada disponibile:
Tatoe konnan na michi de arou to mo
(Anche se potrà essere difficile)
La caratteristica a “ritroso” della lingua giapponese permette ad Abe di tenere la parte migliore, il punto centrale del discorso per ultimo.
Ad ogni modo, ci sono volte in cui il giapponese torna sui propri passi da solo. Ci sono infatti alcuni composti di kanji che invertono l’ordine giapponese Soggetto-Oggetto-Verbo: per esempio 帰国する Kikoku suru (ritornare al proprio paese); abbiamo poi la frase giapponese 国に帰る Kuni ni kaeru con gli stessi kanji però collocati nella posizione invertita.
Allo stesso modo, 飲酒 Inshu (bere alcol) si inverte nella frase 酒を飲む Sake wo nomu e anche 登山 Touzan (scalare una montagna) si inverte poi in 山を登る Yama wo noboru. Questo genere di composti invertibili sono originari della Cina: in cinese infatti l’ordine delle parole è uguale a quello occidentale.
Quindi anche se durante il vostro studio del giapponese potreste sentirvi spinti a fare avanti e indietro, a tempo debito poi tutto diventerà naturale.
Certo, è sempre importante e pratico usare una certa tecnica per avere a che fare con frasi più difficili e saltare per andare direttamente alla fine della frase può essere il metodo più veloce ed efficace per dare un senso ai discorsi giapponesi.
*** Se trovi gli articoli, le traduzioni e le recensioni di questo sito utili, per favore sostienilo con una donazione. Grazie! ***
Se volete potete distribuire liberamente questo testo, in maniera non commerciale e gratuitamente, conservandone l’integrità, comprese queste note, i nomi degli autori ed il link http://sakuramagazine.com