Il “periodo Hokusai”, collocabile grosso modo nel lungo arco di tempo tra il 1798 e il 1810, nonostante l’artista avesse poi continuato a usare sporadicamente questo pseudonimo almeno fino al 1819, fu uno dei più fecondi della sua carriera.
Negli oltre dodici anni della “fase Hokusai”, il genio dell’artista giapponese poté confrontarsi con gran parte dei generi grafici a disposizione. Continuarono perciò senza sosta le collaborazioni con i circoli letterari, per i quali Hokusai fu capace di ideare dei surimono ancora più raffinati dei precedenti.
Le figure, soprattutto quelle femminili, si allungano assumendo delle pose flessuose e delicate, non lontane da quelle ideate contemporaneamente da altri protagonisti dell’ukiyo-e quali Utamaro e Eishi, mentre sembra che il maestro andasse progressivamente abbandonando i canoni stilistici della scuola Katsukawa di cui era stato allievo.
Proprio nei ritratti femminili si nota pertanto una maggiore caratterizzazione psicologica nella trattazione delle espressioni, sia facciali che corporali, peculiarità che si farà sempre più evidente col trascorrere degli anni, così che ogni personaggio ideato da Hokusai a partire dalla fine del XVIII secolo sembra essere dotato di vita autonoma.
Gran parte di queste figure si inserisce in un contesto naturalistico o paesaggistico: Hokusai non sceglie più di isolare la figura in un fondo neutro come era successo costantemente nelle opere precedenti. Non solo. A cavallo tra i due secoli il paesaggio diventa sempre più un tema indipendente, capace solo di condurre lo spettatore a un’esperienza compiuta in se stessa.
E’ il caso di alcune stampe con vedute prospettiche, “all’olandese“. La prima, 1800 circa, raffigurante Enoshima e il monte Fuji, associa colori tenui alla semplicità della costruzione prospettica: le rocce si stagliano nette tra le acque della baia, mentre molto spazio del foglio è lasciato alla poesia.
Elemento inusuale per l’arte giapponese, chiaramente ispirato alle usanze occidentali, la cornice dipinta che racchiude l’immagine, presente anche nelle Otto vedute di Edo: immagini a specchio in stile olandese (Oranda gakyou: Edo hakkei) del 1802 circa.
Riguardo a questa serie, è interessante notare che sulla busta contenitore, dove sono il titolo dell’opera e la firma dell’autore, è riprodotto un microscopio, strumento scientifico diffuso in Giappone dagli europei, che Hokusai scelse in questa occasione come simbolo della sua adesione alle regole della prospettiva occidentale.
La terza serie di stampe con panorami del periodo Hokusai è quella nota col nome di Vedute paesaggistiche in stile occidentale del 1805, nelle quali, oltre all’uso di punti di fuga in stile europeo, si nota anche il diffuso utilizzo di ombreggiature e chiaroscuro. E’ inoltre interessante constatare che, oltre alla già menzionata cornice, Hokusai scelse di apporre delle iscrizioni in stile corsivo, in senso opposto rispetto alla corretta disposizione dell’immagine e in orizzontale, in modo che esse potessero ricordare la grafia occidentale.
In una delle stampe di quest’ultima serie, intitolata Una nave mercantile tra i cavalloni nella marea equinoziale (Oshiokuri hatou tsuusen no zu) sono presenti inoltre alcuni dei caratteri più precipui dell’arte di Hokusai più matura: primo fra tutti la scelta dell’onda quale elemento principale della composizione, soggetto che sarà elaborato con risultati sorprendenti intorno al 1830, quando sarà pubblicata la Grande Onda, suo indiscutibile capolavoro.
Questo periodo intorno all’inizio del XIX secolo è quindi per Hokusai un momento di grande produttività e insieme di importanti cambiamenti che lo porteranno via via a staccarsi dal genere ukiyo-e.
Tratto dal libro Hokusai (La grande biblioteca dell’arte) – Collana Giunti
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