Quasi immediatamente dopo la forzata apertura del Giappone al mondo occidentale nel 1850 e la conseguente industrializzazione dell’economia nazionale, i giapponesi sono diventati famosi per copiare e riprodurre prodotti occidentali, prodotti che erano originariamente importati nel paese dagli americani e da altri uomini d’affari che avevano compreso quanto potessero far affari in Giappone. E poi da aggiungere che i giapponesi tendevano anche a migliorare i prodotti stessi che gli venivano importati.
Questo però comportò nei secoli successivi continue critiche che accusavano i giapponesi di non aver mai creato qualcosa di significativo e di propria invenzione, e ciò in parte era vero. Durante la maggior parte della loro storia, sin dagli inizi, i giapponesi si sono sempre concentrati nel provare la loro abilità, la loro energia e la loro capacità di migliorare ogni singolo modello di vita che loro avevano sintetizzato dalle arti, mestieri e filosofie sviluppate in Cina e in India.
I giapponesi sono molto più focalizzati sull’estetica e sull’appagamento emozionale e spirituale piuttosto che su ciò che hanno fatto per cambiare il modo in cui le cose erano state fatte. In questo processo, loro hanno sviluppato una cultura straordinariamente sofisticata e piena di carta meravigliosa, legni, pietre e prodotti metallici fatti a mano da veri e propri maestri.
Durante il lungo periodo pre-industriale, i giapponesi hanno passato gran parte del loro tempo in festival, rituali religiosi, pratiche estetiche e nel sviluppare varie abilità fisiche, uno stile di vita in cui il concetto di anshinkan o “pace della mente”, ha giocato un ruolo importante ancor più della quantità di materiale prodotto o dell’eccessivo consumismo.
Lo shogunato, composto da un élite di guerrieri che ha governato il Giappone da circa il 1185 sino al 1868, finì per adottare una politica di mantenimento della popolazione ad un livello di sussistenza stretto, ridotto al necessario così da poter più facilmente controllarla. A partire dal 1970, molta di questa cultura tradizionale “di cuore e spirito” è sparita dal Giappone, sepolta dalla valanga di “idee occidentali” e dalla fretta di creare un nuovo stile di vita completamente diverso basato sulla tecnologia in continuo cambiamento.
Nonostante questo però la cultura tradizionale non è del tutto sparita, continua a rimanere quell’anshinkan che in pratica è ancora una vera e propria priorità nelle relazioni, sia private che pubbliche.
Ancora tutti i giapponesi si “inchinano” al concetto di “pace della mente” considerandolo come importante parte della vita, e ancora sono molti coloro che regolarmente lasciano il loro stile di vita per concedersi all’arte, ai mestieri e all’ambiente della tradizione e a quella cultura che permette loro di godere di bagni termali, di piatti tradizionali in quelle pensioni e in quei ristoranti che non sono mai cambiati in secoli di storia, di indossare uno yukata o un kimono a casa o alle terme e di seguire quei tipici comportamenti nati nelle antiche corti dei vari imperatori.
Il desiderio di anshinkan in Giappone ha ancora un diretto impatto in ogni area della vita pubblica oggi, e in particolar modo nelle relazioni lavorative. Molti dei lavoratori oggi preferiscono non fare affari con altri sino a che non conoscono bene l’altro e possono dirsi sicuri di potersi fidare della sua capacità, della sua onestà, della sua buona volontà e affidabilità, in modo da sentirsi sicuri e avere “pace mentale” sufficiente da poter far affari con loro.
Per avere successo negli affari e nel lavoro, gli stranieri che vogliono lavorare in Giappone devono prima essere consapevoli di questo concetto di anshinkan e farlo diventare parte della loro vita, parte del loro approccio alle relazioni con le compagnie giapponesi.
E’ importante, e sicuramente è di grande aiuto, che sia anche il lavoratore straniero che manifesti pubblicamente ai suoi interlocutori giapponesi di desiderare un rapporto basato sul concetto di anshinkan, sottolineando il fatto che ogni sforzo e impegno sarà per il raggiungimento dell’obiettivo che ci si propone.
Fra tutte le altre cose, i giapponesi rimarranno sicuramente sorpresi di sapere che gli stranieri conoscono quel termine e si sentiranno ancor più gratificati nell’apprendere che anche gli stranieri vedono tale concetto come un elemento richiesto in una relazione.
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