La dottrina Shingon e il Sistema Insei
La dottrina Shingon, con i suoi innumerevoli simboli visivi, divenne una sorgente inesauribile di opere d’arte. Basti pensare a tutte le opere d’arte conservate nei templi Toji, Jingoji e Daigoji a Kyoto e in tutto il resto del Giappone. Esiste anche una tradizione, secondo la quale lo stesso Kuukai, dopo il suo ritorno dalla Cina, sarebbe l’autore di alcune opere d’arte ancora esistenti al giorno d’oggi.
Secondo la legislazione Ritsu-ryou i templi buddhisti venivano finanziati dallo stato; ma con il passare del tempo e l’indebolimento di tale legislazione, la situazione economica dei templi cambiò e il loro sostentamento non fu più così facile. Furono gli imperatori dimissionari e le grandi famiglie aristocratiche a fornire il sostentamento dei templi.
Diventò abbastanza frequente il caso di imperatori i quali, dopo aver lasciato il trono, si ritiravano in un tempio e si dedicavano alla preghiera e alla letteratura. Il fenomeno divenne frequente anche fra i membri della nobiltà. E’ di questa era l’inizio del sistema chiamato insei: un imperatore rinunciava al trono a favore di un figlio minorenne, si costituiva un reggente, si ritirava in un monastero buddhista (in) e da lì governava (sei) il paese, libero dagli intrighi dei ministri e delle famiglie nobili.
Il tempio, divenuto sede dell’ex-imperatore, ne guadagnava sia in reputazione che in aiuti finanziari. Questo sistema fu iniziato dall’imperatore Shirakawa che divenne insei nell’anno 1086.
Sempre in quest’epoca si stabilì l’usanza di tenere ogni mese nei maggiori templi e monasteri vari riti e funzioni buddhiste alla presenza di membri della nobiltà che facevano sfoggio di splendidi vestiti, anche se in queste cerimonie potevano essere presente anche i poveri e i malati.
Tratto dal libro Storia delle Religioni – Cina- Estremo Oriente
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