Zona di confluenza di tre aree climatiche, l’arcipelago giapponese offre un ricco e diversificato ventaglio floristico, dalle specie subartiche del Nord (convergenza della zona paleo-artica), a quelle di origine indo-himalayane del centro a clima temperato, a quelle subtropicali del Sud, già di ambito oceanico.
Con un patrimonio di circa 7000 specie vegetali (poco più che in Italia stimate in 6700), grazie proprio all’incontro di zone climatico-floristiche diverse, in Giappone si son differenziate ben 2900 specie endemiche. Ma lo studio e la classificazione botanica sono storia recente, mentre la ricerca estetica con le piante risale al periodo Muromachi, tra il 1336 d.C. e il 1573, quando si fanno strada sensibilità, riti, discipline legati alla natura che sono rimasti cardini della civiltà nipponica.
Nascono allora l’arte ikebana di arrangiare i fiori, il giardino secco o giardino zen nei monasteri buddhisti, la cerimonia del tè.
Chiuso ai rapporti con altri popoli, il Giappone ha un primo contatto con l’Occidente a partire dal 1543 ma tornerà a isolarsi nel 1641 con un editto che consente solo scambi commerciali con nazioni accreditate e in zone precise e circoscritte.
La nobiltà nipponica scopre dagli scambi del Seicento il caffè, il cacao, i pomodori, i cavoli. Più difficile per gli stranieri, severamente controllati, portare a casa piante giapponesi. Ad aprire un varco è il fisico, farmacista, botanico tedesco Andreas Cleyer (1634 – 1698).
Entra al servizio della VOC (Compagnia Olandese delle Indie Orientali) nel 1666 e da medico e faccendiere diventa cacciatore di piante, insieme al suo giardiniere George Meister, nel 1682, quando viene destinato al Giappone.
La base è un solo ettaro di terra praticabile dagli occidentali, l’isola di Dejima, ma l’intraprendenza allargherà i confini. Cleyer resterà in Giappone una prima volta per poco più di un anno, altrettanto nel 1685, quando verrà allontanato per non aver controllato i traffici di contrabbando.
Non riuscì a pubblicare, come aveva desiderato, Flora Japonica, la prima flora del Giappone, che resta manoscritta, ma pubblicò trattati medici e lettere di descrizione di specie vegetali giapponesi. Iniziava un’era di scoperte.
Fonte: Testo tratto da pannelli esplicativi in mostra durante l’evento Murabilia Lucca 2019
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